La segreteria provinciale del Partito Democratico di Catanzaro è intervenuta con una nota firmata da Antonio Cocerio, membro della segreteria con deleghe al Lavoro e alle Politiche Giovanili, in merito alle polemiche sorte attorno all’inaugurazione di uno spazio di preghiera per la comunità islamica presso l’Università di Catanzaro.
Ci voleva l’inaugurazione di un luogo di preghiera per la comunità islamica affinché il centrodestra, la Lega e la sua giovanile scoprissero che a Catanzaro esiste un’Università. Non si è visto lo stesso zelo dinnanzi al sistemico depotenziamento del nostro Ateneo da parte di Occhiuto (in favore della sua Cosenza), dinnanzi alla problematica del caro affitti che grava sugli studenti, dinnanzi all’assenza di servizi, opportunità e prospettive per i giovani calabresi. Piuttosto che affrontare i problemi concreti, si preferisce trasformare un’iniziativa – che incarna i valori di inclusione, uguaglianza e pluralismo riconosciuti e garantiti dalla nostra Costituzione – in un terreno di scontro e polemica. La libertà, parola ormai inflazionata nel vocabolario della destra, viene calpestata e ostacolata ogni volta che non si allinea al loro ristretto perimetro ideologico. È evidente, dunque, che ciò che hanno a cuore non è la libertà dell’individuo, ma soltanto il suo (ab)uso retorico, vuoto e strumentale.
A strappare un sorriso è in particolar modo il comunicato della “Lega giovani Calabria” che prospetta manifestazioni, paventa il rischio di tensioni e parla di difesa delle radici.
Non dovrebbe essere difficile comprendere come l’incontro e il dialogo tra culture, fedi e pensieri differenti siano fonte preziosa di armonia, crescita e arricchimento culturale. Testimonianza ne è la partecipazione all’inaugurazione di tale spazio, adiacente alla cappella cattolica, di esponenti della diocesi di Catanzaro.Invece che cimentarsi in anacronistiche, goffe e tragicomiche crociate (degne di una rivisitazione in chiave moderna de “L’armata Brancaleone”), sarebbe più opportuno investigare su quali siano le loro “radici”. Forse quelle della “cosmogonia” padana, dell’ampolla del Po, dei barbari e dei vichinghi? Si potrebbe suggerire ai Giovani Padan-Calabresi, nel cui simbolo svetta la sagoma di Alberto da Giussano, di sostituire quest’ultimo con Uluç Alì Pascià, al secolo Giovanni Dionigi Galeni, contadino calabrese divenuto ammiraglio della flotta ottomana, unico comandante turco a sopravvivere alla battaglia di Lepanto. Sicuramente questa figura continuerebbe ad essere divisiva, ma quantomeno non sarebbe associata a decenni di odio, violenza e disprezzo contro i meridionali e i calabresi.
Meglio parlare di fantomatiche moschee che dell’incapacità del loro ministro Salvini, dei miliardi rubati al Sud per finanziare il feticcio del ponte sullo Stretto, del taglio dei 50 milioni destinati alla SS106.
Mutano i tempi e con essi le modalità di ricerca del consenso, rimane salda invece l’esigenza di costruire nemici immaginari per mascherare la propria inettitudine.


























