Il libro è un saggio romanzato sulla vita di Dalida, ma anche sul male di vivere che la condusse al suicidio quando aveva appena 54 anni e ancora moltissimo da dare in campo artistico e musicale. Peraltro, le toccò in sorte – fortemente voluto – lo stesso tragico destino di uno dei suoi compagni di vita, Luigi Tenco, con il quale aveva cantato in coppia al Festival di Sanremo del 1967 la canzone “Ciao amore ciao”.
Le sue origini calabresi e più in particolare di Serrastretta, rivelate chiaramente dal suo vero nome, Jolanda Cristina Gigliotti, non sono state mai dimenticate, anche se era nata a Il Cairo e visse soprattutto a Parigi.
<< L’opera è uno scavo nella persona, a volte indecifrabile, che fu Jolanda Gigliotti. Per farla rivivere e, dove necessario, specie nei riguardi dei più giovani, farla conoscere e apprezzare come artista innovativa e all’avanguardia. E’ un doveroso tributo a un’icona della musica che ha dato lustro alla Calabria, ma è soprattutto un ritratto di donna, anticonvenzionale e non stereotipato, visto “in chiaroscuro” e che può diventare oggetto di una profonda riflessione. >>
La storia personale di Dalida è di per sé un romanzo. La sua famiglia emigrò dalla Calabria in Egitto per trovare lavoro durante la costruzione del canale di Suez. Ma, l’amore per la musica, trasmessole dal padre, le permise di trovare – giovanissima – il successo a Parigi, diventando una vera e propria star, piuttosto poliedrica, come attrice di cinema, ma anche di teatro, e cantante.
Ma questo non le bastò a trovare la serenità e a rifugiarsi in quei valori, l’amore e la famiglia, che non possono mai essere sostituiti dal successo, portandola al tragico epilogo di una vita sempre al limite e certamente non convenzionale.
di Raffaele Cardamone