Site icon ilReventino.it

Storia di Carlopoli. Dai Carafa ai Cicala. Influenzata dalla spiritualità dell’Abbazia di Corazzo

di Franco Emilio Carlino –

Questo ulteriore contributo è indirizzato alla conoscenza e alla promozione di Carlopoli, un altro borgo dell’area del Reventino, il cui territorio è incastonato in un ambiente naturale e paesaggistico di grande interesse che si coniuga perfettamente con le tante ricchezze artistiche, archeologiche e culturali che rappresenta, risalenti alle diverse stagioni della storia. Carlopoli, ancora oggi, dispone di beni di assoluto fascino e bellezza testimoni e partecipi di fatti e vicende a volte apparentemente nascosti in un paesaggio fondamentalmente immutato, il tutto accompagnato da una condizione sociale e culturale della sua comunità capace di esprimere e di testimoniare con orgoglio quelli che sono i loro costumi, le usanze, le tradizioni, il senso della loro appartenenza.

Secondo le notizie storiche fornite dal sistema informativo, il paese, detto anche Garropoli, era già noto sin dal 1300, fu Comune nel Regno di Napoli dal 1806 al 1815 e del Regno delle Due Sicilie dal 1816 al 1860. La Terra di Carlopoli scriveva, nel 1796, l’Abate Francesco Sacco, “nella Provincia di Catanzaro, ed in Diocesi di Catanzaro stessa, situata alle falde d’un monte, d’aria buona, e nella distanza di diciotto miglia dalla Città di Catanzaro, che si appartiene in Feudo alla famiglia Cigala, Principe di Tiriolo. Ella col terremoto del millesettecentottantatre soffrì pochi danni, ma questi sono stati riparati mediante le paterne cure del Regnante Ferdinando IV. Nostro Augusto Monarca. In essa è da notarsi soltanto una Chiesa Parrocchiale. Il suo territorio poi abbonda di grani, di legumi, di vini, di castagne, e d’alberi di gelsi per seta. Il numero finalmente de’ suoi abitanti ascende a mille novecento cinquantuno sotto la cura spirituale d’un Arciprete, e d’un Economo Curato” [1].

Gli faceva eco, nel 1798, Giuseppe Maria Alfano che così annotava: “Carropoli terra: Diocesi di Catanzaro, feudo della casa Cicala, d’aria buona, fa di popolazione 1951” [2], lo stesso autore nella edizione del 1823, p. 186, edita dai Torchi di Raffaele Miranda, avrebbe aggiornato la sua descrizione e alcuni dati sulla popolazione che nel frattempo, secondo lui, aveva raggiunto quota 2018 ab. Nel prosieguo del presente intervento cercherò, come ho fatto con Petronà e Bianchi, di riassumere i diversi profili di Carlopoli, borgo facente parte della Provincia di Calabria Ultra.

La sua storia si intreccia fortemente con quelle delle due famiglie di punta del territorio: i Carafa e i Cicala. I suoi albori risalgono alla presenza di uno stanziamento razziale, presente già dai primi del 1600. È in questo periodo, infatti, che Francesco Maria della nobile famiglia dei Carafa fu obbligato in qualche modo a trasferire i suoi possedimenti feudali di Tiriolo compresi i Casali al conte Carlo Cicala. Per il primo le motivazioni furono quelle economiche per il secondo prevalsero gli interessi ad allargare la propria influenza commerciale.

Prima di procedere credo sia utile avere un’idea di quello che era la Calabria al tempo del Viceregno spagnolo, dove il patriziato feudale continuava ad esibire una sua facoltà sulla vigilanza della propria regione feudale. In ragione, dandoci lumi sulla famiglia Carafa, ci viene in aiuto Giuseppe Caridi che così scrive: “Nella parte meridionale della regione a detenere il più esteso complesso feudale era il casato dei Carafa, suddiviso nei tre rami di Santa Severina, Nocera e Roccella.

I Carafa, oltre ai centri dai quali le loro dinastie prendevano la denominazione, possedevano numerose terre, tra cui Cirò, Cutro, (Petilia) Policastro, Tiriolo, Girifalco, Soriano, Castelvetere (l’attuale Caulonia), Grotteria e Siderno” [3].

Con il trasferimento dei possedimenti feudali dei Carafa ai Cicala, nel 1625, Carlopoli fissa la sua origine. Si crearono le premesse per la nascita del nuovo Casale chiamato appunto Carlopoli (Città di Carlo) per volere del nuovo feudatario, Carlo Cicala, allo scopo sollecitato da alcuni abitanti giungenti da Scigliano e Panettieri, altro centro dell’area del Savuto, il cui ambiente conserva ancora la sua naturale bellezza. Lo stesso Cicala, trascorsi alcuni anni dalla concessione ed obblighi feudali del nuovo Feudo di Carlopoli ottenne il beneficio di ornare il suo casato con l’appellativo di Principe. Tuttavia l’influenza storica, soprattutto a livello economico, nella città, fu determinata dalla gestione e dalla presenza di pochi casati tra cui si vogliono ricordare i Talarico, i Pingitore, i Nicotera e i Brutto insieme ai Guzzo e ai Montoro provenienti dalla vicina Tiriolo.

Circa il profilo etimologico il nome Carlopoli è dato dall’unione delle due parole: Carlo + polis termine greco che significa città. I suoi abitanti sono chiamati Carlopolesi.Le diverse fonti storiche ci dicono che il sito in quel tempo, come possedimento feudale, era di Tiriolo, ma appartenente ai territori di Gimigliano, altro borgo del catanzarese posto nell’area della Sila Piccola prospicente la valle del Corace nei pressi della quale si trovano ancora oggi i ruderi della vetusta Abbazia di Corazzo. In pochissimo tempo il nuovo Casale si popolò in maniera esponenziale grazie anche all’arrivo di un consistente numero di abitanti provenienti dai paesi e villaggi limitrofi andando così a costituire un rilevante svincolo per l’intera viabilità del territorio circostante confine della zona nord della Calabria Ulteriore II.

Come tutte le realtà feudali del momento anche Carlopoli mise a frutto la presenza di una massiccia presenza di forza lavoro che le permise di espandersi sia urbanisticamente sia di affermare grazie alla laboriosità dei suoi abitanti tutte quelle attività capaci di produrre notevole ricchezza. Come prova si possono citare le diverse e faticose attività nei settori dell’agricoltura e della pastorizia adatte a creare una considerevole produzione. L’incremento demografico registrato nel corso del 1700, con oltre 230 fuochi, che si evince anche dai dati forniti dal Sacco e dall’Alfano, associato all’espansione economica determinarono anche la richiesta di nuovi bisogni. Le attività già praticate diventarono più numerose e produttive e riuscirono ad essere da traino per nuove attività soprattutto nel settore dell’artigianato e nella lavorazione della seta, un’arte nobile molto presente nell’area della provincia catanzarese con Catanzaro espressione indiscussa e capofila sin dal tempo dei Bizantini che introdussero nel territorio le conoscenze della sericoltura e successivamente affinata dai Saraceni e perfezionata dai Normanni e Svevi. Il terremoto del 1783 non la risparmiò, come non fece con tanti altri centri del Reventino, sorte che le toccò anche con il successivo sisma del 1905, fortunatamente con meno danni.

Il secolo successivo, come per i tanti paesi della Pre Sila e della Sila, anche per Carlopoli rappresentò un brutto momento per la generale situazione politica e sociale caratterizzata dall’imperversare del triste fenomeno del brigantaggio e da una non felice situazione economica, che determinò nella popolazione miseria con vaste sacche di ristrettezza. Tuttavia una positiva crescita demografica determinò anche un allargamento del perimetro urbano e l’inizio di una nuova fase espansiva grazie alla nascita di nuove costruzioni circondate e servite da stradine, viuzze, sottopassi e arcate adornanti il centro storico e colleganti tra loro i diversi fabbricati spesso medioevali abbelliti da antichi portali e balconi in ferro battuto, abilmente lavorati a mano da esperti artigiani del luogo, riproducenti interessanti motivi floreali e riguardo al profilo architettonico, dei primi e interessanti edifici del patriziato carlopolese, a dimostrazione della presenza in loco di facoltose famiglie,come Palazzo Cicala fatto edificare da Carlo nel 1600, Palazzo De Sensi-Cianflone anch’esso realizzato intorno al ‘600, Palazzo Talarico, posto nelle vicinanze della Chiesa della Madonna del Carmelo, fatto edificare nel ‘700 e orientato su piazza Brutto e altri palazzi ancora come Bilotti, in via Vittorio Emanuele, Rocca, Leo, Capione, Ferrara, Pingitore e Sacchi nella frazione di Castagna.

Come riportato dal sistema informativo SIUSA [4], Carlopoli acquisì la sua autonomia amministrativa come Comune con il decreto 4 maggio 1811, con inserimento nel Circondario di Serrastretta nel quale rimase anche quando, per decreto 2 giugno 1833 lo stesso venne scomposto in due con l’istituzione del capoluogo Feroleto Antico. Qualche anno dopo l’Unità d’Italia, per la chiarezza, il 1 giugno 1869, secondo le notizie confermate dal sistema informativo, come conseguenza del decreto dell’amministrazione provinciale di Catanzaro n. 4981 del 21 marzo dello stesso anno sulla base di alcuni principi di carattere demografico e fiscale provvedeva all’unificazione dei due comuni di Carlopoli e Castagna lasciando il primo quale Comune con funzioni amministrative e Castagna sua frazione. Il nuovo spirito unitario, nonostante tutto, nella popolazione fu motivo di riscatto tanto da sprigionare nuova energia per l’avvio di una nuova laboriosità che fece nascere nuovi mestieri e nuova occupazione basata sulla trasformazione di nuove materie prime fra cui la lana di pecora proveniente dai diversi e importanti allevamenti presenti sull’altopiano silano e via via anche la trasformazione della stessa fibra attraverso la tessitura con la conseguente produzione di filati, tessuti, coperte.

La Carlopoli che conosciamo oggi, inserita di diritto nell’area del Reventino, è figlia dei primi anni del Novecento caratterizzati peraltro dal fenomeno dell’emigrazione. È un Comune montano della provincia di Catanzaro a 924 metri s.l.m., con una popolazione che supera di poco i millecinquecento abitanti dei quali 748M e 767F, registrando rispetto al passato una significativa diminuzione demografica. Ha una densità per Kmq pari a 92,8 abitanti su una superficie di 16,32 Kmq che si estende sul versante sud della Sila Piccola. Il suo territorio comunale è ai confini con la provincia di Cosenza, con i Comuni di Bianchi e Panettieri (CS), mentre nella provincia di Catanzaro confina con i Comuni di Cicala, Gimigliano, Sorbo San Basile e Soveria Mannelli. La sua frazione principale è Castagna mentre le contrade sono quelle di Corazzo, Bivio Bonacci, Terzo delle Castagne. Fa parte della Comunità Montana Monti Tiriolo-Reventino-Mancuso e appartiene alla Regione Agraria n. 2 – Sila Piccola Settentrionale. L’istituzione dell’archivio storico comunale, come sezione staccata, risale al 1998, con delibera di Giunta Municipale n.22 del 27.03.1998.Avviandomi alla conclusione, ma credo solo momentanea, poiché penso di ritornare su alcuni temi di straordinario interesse che riguardano l’ambiente, il territorio, il brigantaggio, l’emigrazione, la tradizione e lo stesso patrimonio artistico e architettonico del luogo appena accennato, oltre che una ricerca su Castagna, assicurando ad essi maggiore spazio descrittivo, mi preme precisare come Carlopoli sia anche sede di antichi edifici religiosi tra cui le chiese di S. Maria del Carmelo, dello Spirito Santo, dell’Addolorata e l’Abbazia di S. Maria di Corazzo che per le sue peculiari caratteristiche storiche, religiose e architettoniche merita certamente una più vasta e circostanziata rappresentazione.  

Va infine ricordato che Carlopoli, come del resto molti paesi dello stesso territorio, è stata interessata da scoperte archeologiche riguardanti reperti databili al periodo eneolitico e testimonianze apprezzabili di alcuni manufatti risalenti al periodo bruzio, romano e medioevale accaduti nel passato secolo e che ha interessato l’intero comprensorio territoriale che si estende dalla vecchia Città Regia di Scigliano di origine romana fino a Tiriolo, presente, secondo le diverse fonti archeologiche, già in epoca protostorica.
 
Bibliografia
[1] Francesco SACCO, Dizionario Geografico-Istorico-Fisico del Regno di Napoli…, Tomo I, Presso Vincenzo Flauto, Napoli MDCCXCVI, p. 200.
[2] Giuseppe Maria ALFANO, Istorica descrizione del regno di Napoli, presso Vincenzo Manfredi, Napoli MDCCXCVIII, p. 95.
[3] Giuseppe CARIDI, in La Calabria del Viceregno spagnolo: storia, arte, architettura, urbanistica, a cura di Alessandra ANSELMI, Gangemi Editore Spa, Roma, p. 55.
Exit mobile version