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Quella Calabria “così così”, rivelata a Corazzo da Antonello Caporale e Rivìentu

Certo Gioacchino Da Fiore non era un personaggio “così così” e tra le mura dell’Abbazia di Corazzo, da lui fondata a Carlopoli, fa specie sentir parlare di quella Calabria così così”, che pure esiste ed è maggioritaria, oserei dire: tragicamente vincente.

Una realtà che i responsabili di Rivìentu e il giornalista e scrittore Antonello Caporale ci hanno spiattellato davanti agli occhi con un j’accuse che ci coinvolge tutti, nessuno escluso!

La Calabria dell’inedia” l’ha chiamata Caporale. Quella che si è lasciata costruire tutt’attorno centinaia e centinaia di pale eoliche senza muovere un dito e senza neppure provare a pensare che in fondo quel vento era ed è dei calabresi, mentre i profitti vanno, e andranno per molti anni ancora, nelle tasche capienti delle multinazionali di turno.

Parole pesanti, come sferzate inflitte da un fantino a un cavallo pigro che non ne vuol sapere di correre la sua gara, come gli schiaffi terapeutici che si danno a chi ha perso momentaneamente conoscenza. Ma parole vere! Com’è vera l’immagine di quei calabresi che stanno seduti ai tavolini del bar, a sorseggiare un bicchiere di birra, pieno ancora a metà, e che si vedono sfrecciare il mondo davanti a velocità supersonica.

Il tema del dibattito principale della kermesse “Una Montagna di Pace”, che come lo scorso anno ha riscosso un buon successo, ma un successo che rischia di restare effimero e – peggio – ininfluente, era “Come restare? Un cammino controcorrente”, sul come e il perché restare nei nostri paesi delle aree interne, che vanno progressivamente spopolandosi e perdono ogni giorno pezzi consistenti di servizi essenziali.

Per parlare di questo si è voluti partire dall’affermazione di un’antropologa che ritiene addirittura “crudele” chiedere ai giovani di restare. Forse è davvero così e non ci va di compiere questa crudeltà. Non vogliamo costringere nessuno a restare: solo apprezzare chi ne ha ancora la forza e la volontà.

Ma c’erano anche le storie positive, a dimostrare che a volte si può tentare: il movimento che governa Cinquefrondi, gli scopritori delle Valli Cupe, gli stessi protagonisti di Rivìentu, che si sforzano ogni anno, e durante l’anno, di creare occasioni di rivincita nei confronti dell’inedia.

Inutile illudersi: il lavoro non c’è e ce ne sarà sempre meno. I robot incalzano e non si richiederanno più agli umani le mansioni che potrà svolgere una macchina semi-intelligente. Ma la creatività, quella non ce la potrà togliere mai nessuno. Per quanto ci si sforzi, l’intelligenza artificiale avrà sempre difficoltà a creare una vera opera d’arte o d’artigianato, ma anche a fare un vino che abbia un’anima e non solo un sapore gradevole.

È su questo quindi che bisogna puntare, sull’intelligenza umana, la sensibilità, l’intuizione, la creazione. Su tutto quello che un computer, un software e un braccio meccanico, per quanto preciso ed efficiente, non potranno mai fare. Ma senza illudersi che questo non costi sacrificio, ore di studio, sforzi di pensiero, per non esserecosì così”. Perché non è questo il modo migliore per restare. Seduti a guardare dai tavolini del bar, non si costruisce un futuro e neppure il presente!

di Raffaele Cardamone

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