“Vogliamo parlare con il sindaco”. I primi a chiamarlo così sono due agenti della polizia municipale che, a poche ore dalla vittoria elettorale, suonano al citofono di casa per comunicare che il portone del Comune era stato incendiato. Inizia così, con l’incendio al portone del palazzo municipale e il suono di un citofono che catapulta drammaticamente nella realtà, la decennale esperienza di Gianni Speranza alla guida del Comune di Lamezia Terme, ripercorsa nel libro “Una storia fuori dal Comune. Lamezia-Italia”, edito da Rubbettino, presentato nell’ambito di un webinar promosso dalla casa editrice insieme alla Libreria Tavella.
“Una storia che andava scritta e che può essere seme per il futuro di Lamezia, della Calabria, del nostro Paese”, ha definito il libro di Speranza l’editore Florindo Rubbettino per il quale “il libro di Gianni è un patrimonio da trasmettere alle future generazioni, perché ripercorre anni in cui Lamezia Terme è stata un laboratorio sia sul piano del contrasto alle mafie sia sul piano delle realizzazioni concrete, frutto di una visione, dell’idea che il bene comune venisse prima di ogni altra cosa. In un tempo in cui è venuto meno il collante delle culture politiche così come le abbiamo conosciute nei decenni passati, il collante oggi è rappresentato dalle persone perbene e coerenti, che hanno una visione”.
Difficoltà e ostacoli quotidiani dell’amministrazione di una città come Lamezia, i grandi progetti, le occasioni di proiezione nazionale della città, gli eventi storici come la visita di Napolitano e di Benedetto XVI, le tragedie che hanno ferito la comunità come la strage dei ciclisti del 5 dicembre 2010. Per il giornalista Antonio Padellaro, che ha scritto la prefazione al libro di Gianni Speranza, “nell’immagine di Gianni Speranza che accompagna a piedi il presidente Napolitano sul Corso, c’è il messaggio di uno Stato presente e vicino alla comunità. Le istituzioni dello Stato non hanno mai lasciato solo Gianni Speranza, a differenza delle forze politiche che avrebbero dovuto sostenerlo. La storia di Gianni è una storia di adesione a dei valori, che per lui hanno sempre rappresentato punti di riferimento. Non una sinistra parolaia, ma dei fatti, delle cose realizzate, dell’impegno quotidiano, dell’apertura delle istituzioni alla comunità. Di fronte a un leaderismo che ha lasciato solo macerie e a un ceto politico che ormai non funziona più, l’esperienza di Gianni è uno stimolo a ritornare alla centralità delle persone, agli amministratori che si battono con difficoltà, a volte anche in solitudine, interpretando valori politici, sociali e soprattutto umani. Il racconto di Gianni è uno stimolo per tutti i calabresi perbene a una testimonianza attiva, in una terra che soffre di una cattiva rappresentazione a causa della ‘ndrangheta e di alcune figure macchiettistiche”. Per la giornalista Ida Dominijanni, “in una Calabria che soffre dell’essere narrata sempre come un’eccezione, l’esperienza di Gianni, raccontata con efficacia in questo libro, dimostra che si può fare buona politica e buona amministrazione contro e a prescindere dai condizionamenti della criminalità organizzata”. “Un catalogo dei vecchi mali e nuovi mali del Sud ma anche la dimostrazione che è possibile amministrare bene e cambiare il destino di città come Lamezia Terme”, per il giornalista Gianfranco Manfredi che ha coordinato il dibattito. Un libro, per Gioacchino Tavella, “che ci lascia una traccia, una memoria di cui fare buon uso, un input per una buona politica che ci faccia ritrovare l’orgoglio di essere calabresi”. Per il giornalista Salvatore D’Elia, che ha collaborato con Gianni alla stesura del testo, “qualsiasi cittadino lametino fuori regione, in quegli anni, percepiva anche dall’esterno che a Lamezia qualcosa stava cambiando, che si stava invertendo una certa narrazione della città e potenzialmente della Calabria”.
A concludere il ciclo degli interventi, l’autore Gianni Speranza che, ripercorrendo l’iter che lo ha portato alla scrittura del libro, ha sottolineato come non si tratti di “un’autobiografia di eccezionali memorie, ma di un atto di amore verso la nostra comunità. È il racconto di un sindaco che riconosce di aver fatto degli errori, ma è una testimonianza di vita collettiva che ha una sua dignità e che attraversa fatiche, gioie e difficoltà di una comunità. Con questo libro provo a rappresentare la semplicità di persone che si sforzano di amministrare con uno spirito che guarda a tutto il Paese. Si è percepito in quegli anni che a Lamezia c’era un’amministrazione che non si adeguava al sistema politico imperante in Calabria: questa controtendenza è stata percepita e per questo c’è stata un’attenzione su Lamezia a livello nazionale. Nessuna presunzione personalistica o localistica da parte nostra, ma abbiamo cercato di aprire Lamezia a tutto il Paese come emblema di un pezzo di Sud che non si rassegna”.