Anni Settanta del Novecento. Il Sessantotto ha fatto irruzione nella storia e i suoi effetti continuano a manifestarsi in ogni luogo e in ogni circostanza. È come un’onda lunga che non si arresta. Anni Settanta che iniziano con l’eco ancora viva della strage di Piazza Fontana a Milano e che continuano con l’approvazione definitiva della legge sulle Regioni, con le prime elezioni per i Consigli Regionali, con la rivolta di Reggio Calabria, con il divorzio che diventa legge dello Stato, con un tentativo di colpo di Stato fatto da Valerio Borghese, con l’avvio di rapimenti e uccisioni da parte delle Brigate Rosse, con Berlinguer eletto segretario del Pci, con i sindacati che accantonano il progetto di unità organica e si accontentano di una meno impegnativa Federazione unitaria, con gli scontri tra studenti e polizia, con gli scontri tra missini e polizia e l’incendio della casa del segretario del Msi a Primavalle, con la strage alla Questura di Milano, con l’epidemia di colera a Bari e Napoli, con l’austerità voluta per limitare i consumi energetici, con il caso “Rosa dei Venti” che fa scoppiare il più pericoloso tentativo di colpo di Stato della storia della Repubblica, con l’inflazione al 19,4%, con la promulgazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti, con la strage in Piazza della Loggia a Brescia, con l’esplosione di una bomba sul treno “Italicus” Roma-Monaco.
E siamo già al 1975. L’anno in cui viene abbassata a 18 anni l’età per votare alla Camera, il Pci ufficializza la linea del “Compromesso storico”, continuano gli scontri tra estrema sinistra e simpatizzanti fascisti; i partiti comunisti di Francia, Spagna e Italia prendono le distanze da sovietici e cinesi e guardano alla socialdemocrazia europea; Zaccagnini diventa segretario della Dc, il Psi si ritira dalla maggioranza e chiede l’ingresso del Pci nell’area di governo.
In quegli anni, a San Mango d’Aquino, alcuni giovani avviano una riflessione sul loro tempo e tra un bicchiere di vino e pane e salame fatti in casa cominciano a interrogarsi su un presente che cambia e su un futuro che non brilla per certezze. Non due o tre persone, ma venti/trenta. Persone che provengono dal circolo chiamato “SiBemolle”, che parlano con gli anziani, frequentano le cantine, fanno ricerche, valorizzano usi e costumi, iniziano a raccogliere tutto ciò che si conosce sul paese, dalle tradizioni alle vicende storiche, dai culti religiosi alle abitudini e ai comportamenti della vita e del lavoro, dai canti popolari ai racconti tramandati dagli anziani.
L’osservazione e la consapevolezza del quotidiano coinvolgono – naturalmente – anche riti, feste, ricorrenze e cerimonie che seguono l’alternarsi delle stagioni e scandiscono l’esistenza di donne e uomini che formano la comunità.
Antonio Sposato conosce bene quel mondo. Un mondo che si appresta a uscire dalla civiltà contadina per entrare in un indistinto tempo moderno. Lo conosce per averlo vissuto con intensità – spesso da protagonista – e per averlo studiato con attenzione. E non solo. Grazie alla sua predisposizione e alle sue conoscenze, egli – utilizzando il metodo dell’osservazione diretta – raccoglie le testimonianze dalla voce dei portatori storici della cultura folklorica; in particolare, raccoglie le testimonianze delle tradizioni locali a San Mango.
Un metodo che si è rivelato essenziale. L’immersione nelle attività quotidiane della comunità, la frequentazione e i periodi vissuti assieme, la comunanza del dialetto, sono momenti che aiutano ad abbattere il muro che spesso si crea tra osservatore e osservati; momenti che consentono di raccogliere leggende, canti e ricordi popolari, grazie alla collaborazione di concittadini ai quali, al termine delle conversazioni, è andato il ringraziamento per aver dato ai più giovani la possibilità di conoscere e di capire i molteplici aspetti della vita del paese.
Alfine, il complesso di cognizioni acquisite spiana la strada per la pubblicazione di un libro, il cui titolo sarà “San Mango d’Aquino – storia folklore tradizioni poesia”. Un’idea coltivata da tempo. Un’idea accarezzata, sognata, perfezionata e definita nelle linee generali nel corso di numerosi incontri e colloqui con amici ed emigrati tornati nel paese di origine in occasione delle festività natalizie del 1976.
È il primo saggio monografico su San Mango; ed è anche il volume di apertura di una nuova avventura editoriale della Rubbettino, la “Collana Terre-Uomini”, destinata ad ospitare decine di opere dedicate ad altrettanti luoghi della regione. Ad Antonio spetta il compito di scrivere la seconda parte dell’opera: “Folklore e tradizioni religiose”.
Stiamo parlando di una miriade di credenze e di tradizioni. Ex voto ai santi, secondo un antico costume italico; lamenti funebri che riportano all’antica Grecia; cibi cotti e bevande calde che gli amici portano ai parenti nei giorni che seguono la perdita di un familiare, per consolazione secondo il costume del “cunsulo”; nastri neri attaccati allo stipite delle porte rimasti fino a quando il tempo non li scolora o il vento li porta via; pellegrinaggi nelle chiese di campagna; ramoscelli e intrecci di canne, edera e salice portati in giro la Domenica delle Palme con chiaro significato sacrale e propiziatorio; “sepolcri” che evocano il rito arcaico dei giardini di Adone; l’uso della battola, strumento di legno a tavolette battenti suonato per le strade al posto delle campane nei giorni della Passione; la processione e il canto delle verginelle; l’offerta votiva appuntata sul braccio delle statue (‘u vutu); le canzoni all’arietta; i racconti attorno al focolare e tanto altro.
L’impegno profuso in quegli anni (e descritto in questo articolo) ha “salvato” la memoria, se così si può dire, di credenze e tradizioni. Primo perché il lavoro svolto non è stato superficiale, ma ha tenuto conto di varie discipline e di diversi ambiti di ricerca. Secondo perché l’intero calendario del patrimonio culturale e folklorico di San Mango d’Aquino è stato ricostruito e studiato, e la pubblicazione avvenuta nel 1977 rappresenta ancora oggi la più completa raccolta organica sul folklore sammanghese.
Portiamo due esempi sul metodo seguito nel raccogliere, conservare e valorizzare quelle tradizioni.
Il racconto dell’apparizione della Madonna su una pianta di fico in località “Vuda” di San Mango è stato raccolto e registrato da Antonio Sposato dalla viva voce di Bombina Laino (“zia Bommina”), una signora nata nel 1884 a Cervicati (Cs), sposata con Domenico Stella e vissuta a San Mango fino al 1970.
Il canto della “Metitura” è stato raccolto e registrato da un gruppo di giovani la sera del 30 aprile 1977, grazie alla viva voce di Rosario Chieffallo, Giovanni Cicco, Amedeo Maida, Vincenzo Orlando, Luigi Sposato, Francesco Trunzo. Le sei persone che hanno permesso di conservare parole e musica non ci sono più. Si deve a loro il recupero del canto nella versione originaria, non come l’avevamo conosciuto nelle manifestazioni folcloristiche, ma come era stato eseguito dai mietitori mentre lavoravano nei campi, mentre vivevano sulla loro pelle ciò che il canto stesso esprimeva. Antonio Sposato ha colto lo spirito dei versi, li ha ordinati, ne ha studiato il significato e ha scritto pagine magnifiche su quella tradizione.
In conclusione, elenchiamo i principali argomenti contenuti nella parte seconda del libro. Capitolo Folklore: la” Strina”, serenate e canti popolari, la Mietitura. Capitolo Tradizioni religiose: la Chiesa Madre, le feste natalizie, La Settimana Santa, la Madonna della Buda, La festa di San Francesco di Paola, la Madonna delle Grazie.
Una trattazione che – avverte Sposato – non si riduce a vuoto erudizionismo. E che non è certamente «una sterile rievocazione dei tempi passati, che interessi solo sotto l’aspetto turistico o per amore del pittoresco».
Come potete osservare, già nel 1977 l’autore – con le considerazioni consegnate ai lettori – metteva in guardia contro i pericoli di un uso distorto dei vari fenomeni etnologici, aggiungendo che lo scopo cui tendono trattazione e pratica (o uso) delle tradizioni e del folklore deve essere «volto a conservare nel tempo le memorie del popolo, ad approfondire la conoscenza della più umile realtà, a realizzare una memoria presente del passato non fine a se stessa, ma che evidenzi quei vivaci e genuini riflessi delle aspirazioni popolari, costituenti il sacro patrimonio di una comunità».
Già allora Sposato accennava a fenomeni che in quegli anni gli antropologi stavano approfondendo, e in un certo senso egli metteva in guardia contro un “abuso” che in quel periodo cominciava a colpire, indebolire e modificare le molteplici manifestazioni popolari, assoggettandole all’ondata del consumismo e allo sfruttamento.
Armando Orlando