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Home » SORDIDUS – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi

SORDIDUS – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi

Raffaella Pascuzzi di Raffaella Pascuzzi
27 Luglio 2021
in LE FIABE DI RAFFAELLA
0
SORDIDUS – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi
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Introduzione

Cari amici e lettori,

in questa favola affronteremo due temi importanti: l’igiene personale e l’amore incondizionato di una mamma.

La pulizia del corpo è basilare in fatto di salute fisica e mentale, per sentirsi sempre a proprio agio con se stessi e con gli altri. Una corretta igiene personale è alla base della cura di ognuno di noi e ci permette di ridurre batteri e infezioni, mantenendoci in salute e in armonia con il nostro corpo.

Oltre ad essere origine di disagio e bassa autostima, una scarsa igiene personale può provocare un ampliamento di incidenza delle infezioni; il nostro organismo, infatti, entra quotidianamente in contatto con milioni di microrganismi, che seppur siano per la maggior parte innocui, possono talvolta causare problemi alla pelle o disturbi di vario genere.

Raccontare ai ragazzi che la cura di sé è fondamentale, non è sempre cosa semplice. La favola ci permette di usare una linguaggio simbolico, ma anche immaginativo, utile a comprendere alcuni meccanismi. In questa favola c’è anche un altro tema importantissimo, la figura materna e l’amore incondizionato verso i figli. Riprendendo una frase della mamma di Sordidus, il protagonista, “Una mamma ama sempre i suoi figli e non farebbe mai del male ad uno di loro”. La figura materna è il modello cui fare riferimento nella fase di crescita e che dominerà un intero percorso di vita. La madre, insieme alla figura genitoriale maschile, è messaggera ed esempio di regole di convivenza civile e che servono per crescere bene e vivere bene insieme agli altri.

A prescindere dalla forma specifica che contraddistingue il nucleo familiare, per garantire il corretto funzionamento nelle varie fasi di crescita, è importante che le figure significative siano in grado di fornire al piccolo le basi per uno sviluppo sano, con un adeguato espletamento delle funzioni genitoriali.

La madre è la figura cardine del loro mondo, quella con cui confrontarsi e rapportarsi, quindi anche la prima a venire attaccata quando si inizia il percorso verso l’autonomia.

Da figlia educata ma ribelle, ho sfidato i miei genitori, nel tentativo di stabilire la mia indipendenza e collocarmi nel mondo come soggetto autonomo; a distanza di anni, e divenendo a mia volta madre, ho compreso il significato di certi divieti e regole che, all’epoca, risuonavano come punizione o privazione. Oggi, superata la fase adolescenziale, comprendo che l’amore incondizionato dei genitori, è fondamentale!

Ai miei genitori, che hanno comunque riaperto le porte di casa e del cuore, di fronte ad ogni mio fallimento, il mio più profondo senso di gratitudine e di amore.

Ai miei suoceri che oggi mi trattano come una figlia e che io stimo e amo profondamente.

A mia madre in particolare, rimasta senza il compagno della sua vita, ma che continua ad essere un porto sicuro!

Sordidus

Sordidus era un elfo sudicio e sporco perché in vita sua non si era mai lavato; il suo aspetto era trasandato e il suo odore nauseabondo. A causa del suo odore e del suo carattere, nel villaggio lo chiamavano anche diavolo della Tasmania, ma a differenza dell’animale, piuttosto solitario e timido, Sordidus era anche presuntuoso, invadente e dispettoso con tutti.

Era facile capire perché, al minimo segnale di pericolo, anche infondato, tutti gli abitanti del suo villaggio decidevano di difendersi dalle sue secrezioni nauseabonde e di allontanarsi dall’elfo!

La mamma di Sordidus cercava di prenderlo con la forza per farlo lavare, ma lui riusciva a scappare sempre; anche di notte, la povera donna aveva tentato di bloccarlo e di ripulirlo, ma senza riuscirci!

Il suo papà viveva in un altro villaggio e la povera donna non riusciva a cambiare il caratteraccio di quel ragazzo ed insegnargli le regole di igiene personale.

Sordidus non si curava neppure delle offese che riceveva e, quando si avvicinava ad una sorgente o ad un corso d’acqua, iniziava a guardarsi intorno per paura che qualcuno, con la forza, gli tendesse una trappola.

La sua frase preferita, per giustificare un comportamento tanto ostinato, era:<<Perché mi dovrei lavare tutti i giorni, se il giorno dopo devo farlo di nuovo?>>.

* * * * *

Trascorsero gli anni e la mamma, ormai rassegnata ma non sopportando più il suo odore e il suo caratteraccio, decise di metterlo sulla porta di casa. <<Ho cercato di aiutarti in tutti i modi, ma non ci sono riuscita. Ormai sei grande ed io sono stanca, mi resta solo questo, spero imparerai il valore delle cose ora che resterai da solo e senza di me! Ti voglio bene, ma non posso trascorrere un altro giorno in questa puzza, ormai sono anziana e anch’io ho il diritto di vivere una vita serena>>, disse la donna, rivolgendosi a Sordidus.

Il ragazzo di tutta risposta, si mise a ridere a squarciagola, deridendo la mamma e rispondendo con arroganza:<<Finalmente, troverò un posto senz’acqua e senza una madre che parla solo di igiene e pulizia! Vado altrove e sono certo che vivrò felice senza le tue prediche! Addio vecchiaccia petulante e noiosa!>>

Gli occhi della mamma si riempirono di lacrime, aveva fatto un ultimo tentativo, sperando che Sordidus capisse, ma aveva fallito ancora una volta. La povera donna non fece in tempo a fermare il figlio che girò le spalle e se ne andò.

Sordidus era, ormai, un giovane e forte ragazzo, ma immaturo e inesperto; tutto questo lasciava la mamma nella preoccupazione e nella paura che suo figlio potesse ritrovarsi in un brutto guaio. << Chissà cosa farà! Non volevo arrivare a tanto!>>, pensava tra sé e sé. Intanto Sordidus era andato via e nessuno sapeva dove fosse diretto.

Nelle misurazioni degli elfi, le distanze si misuravano in rangar, che significa “passi”. Si tratta di un passo di un uomo adulto che cammina velocemente. Sordidus aveva trovato un luogo dove vivere, a circa venti rangar dal suo villaggio.

In quel piccolo angolo, senza sorgenti e senza corsi d’acqua, aveva costruito un rifugio dove aveva sistemato della paglia sul pavimento per riposare durante la notte. La cosa più nauseante era che quella paglia proveniva da una fattoria vicina e aveva l’odore degli escrementi degli animali. Nonostante tutto, Sordidus dormiva tranquillo e non sentiva l’odore.

* * * * *

Un giorno, sentendo il bisogno di bere e mangiare, fu costretto a cercare una sorgente e del cibo; si recò nel pollaio della fattoria e rubò un uovo, poi seguendo il rumore dell’acqua che scorreva, raggiunse una sorgente.

Si avvicinò per bere, ma non si accorse che sul lato del ruscello, c’era una bellissima e profumata ragazza del villaggio vicino, intenta a lavare i panni. Immediatamente si nascose.

Quella dolce e garbata creatura, per la prima volta nella sua vita, lo aveva fatto riflettere sul suo aspetto e sull’odore che emanava: <<Non posso farmi vedere così da una simile creatura!>>, pensò.

Prese velocemente dell’acqua da portare via e scappò senza farsi notare.

Per tutta la notte non fece altro che pensare agli occhi di quella ragazza, al magnifico odore dei suoi panni, alla grazia e alla delicatezza che aveva; i capelli morbidi che svolazzavano ad ogni suo movimento e quel profumo di fresco intorno a lei, lo avevano colpito profondamente.

Non dormì un attimo, pensando a lei; <<Chi è? Come si chiama? Voglio rivederla, ma come posso presentarmi a lei così?>>, pensava.

Il giorno seguente, si recò nuovamente alla sorgente e aspettò l’arrivo della ragazza per poterla guardare di nascosto, ma il suo cuore cominciò a battere sempre più forte. La dolce fanciulla, accompagnata da un bambino che le somigliava, si rivolse al piccolo e disse:<<Fratellino, ma tu lo senti questo odore nauseante? E’ orribile! Ci sarà di certo qualche escremento di animale, è fortissimo!>>

Sordidus, pur volendo ancora rimanere per ammirare tanta bellezza, fu costretto ad andar via; temeva che, seguendo il cattivo odore che emanava, lo avrebbero scoperto.

Tornato al suo rifugio, guardò il luogo in cui viveva con altri occhi: era tutto così sporco e nauseante! Per la prima volta, si rese conto dei vestiti sudici che indossava, delle mani sporche, dei suoi capelli unti e puzzolenti… Stava realizzando quanto la mamma gli aveva sempre detto:<<nessuna donna si avvicinerà mai a te con questo odore!>>.

Sordidus pianse molto, il suo cuore batteva per una donna che non lo avrebbe mai amato!

Decise di trovare una sorgente, di darsi una ripulita e di ritornare a casa dalla mamma per cambiare la sua vita ed essere una persona nuova, non solo nell’aspetto, ma anche nel comportamento.

Si incamminò verso casa all’alba del giorno seguente, ma lungo la strada iniziò a sentirsi male. Sentiva un grandissimo calore sul corpo e sul viso, le mani tremavano e le gambe non riuscivano a muoversi. <<Cosa mi sta succedendo?>>, pensò. Non fece in tempo a trovare un posto per riposare e cadde a terra, svenuto e da solo.

Non seppe mai quanto rimase lì, ma al suo risveglio trovò due occhi azzurri che lo guardavano. Era su un letto profumatissimo, in una stanza con lenzuola terse e che odoravano di lavanda; davanti a lui c’era quella magnifica creatura trovata alla sorgente e che amava dalla prima volta!

<<Finalmente sei sveglio>>, disse la giovane donna.

<<Io e i miei fratelli ti abbiamo trovato in un groviglio di escrementi lungo la strada; abbiamo deciso di portarti nel nostro villaggio, pensando che ti avesse aggredito qualche animale del bosco. Sarai rimasto lì per molte ore, forse affamato e stanco. Probabilmente, in quella situazione e in quella sporcizia, avrai preso una violenta infezione. Il dottore del nostro villaggio ti ha curato, noi abbiamo provveduto a ripulirti e curarti>>.

Sordidus si vergognò moltissimo e non disse nulla, riuscì solo a ringraziare e si addormentò di nuovo. Trascorse la notte e, già il giorno seguente, stava meglio.

Si svegliò, pensando di aver sognato, ma trovò nuovamente quei magnifici occhi accanto ai suoi.

<<Bene, finalmente sveglio, dormiglione! Il peggio è passato! Ora, come ha detto il dottore, devi alzarti, lavarti, fare colazione e provare a stare in piedi. Ti aspetta un lungo periodo di sacrifici, se vuoi ricominciare a camminare! L’infezione ti ha causato un problema alle gambe>>.

Sordidus, con aria intimidita, si rivolse alla ragazza e la ringraziò nuovamente, ma disse: <<Non vorrei darvi altro disturbo, ho già procurato tanta preoccupazione!>>

La ragazza lo rassicurò e gli promise che non lo avrebbe lasciato da solo, se non lo avesse visto camminare sulle sue gambe.

Passarono molte lune, arrivò l’estate e poi l’autunno, Sordidus aveva fatto molti progressi e la ragazza lo accudiva e aiutava in tutti i modi. Arrivò l’inverno e poi la primavera e, con l’arrivo dell’estate Sordidus aveva riacquistato tutte le forze.

In tutti quei mesi non aveva avuto il coraggio di dire la verità, ma la giovane Maira, aveva imparato a ricambiare l’amore. Sordidus non era più il ragazzo puzzolente ed arrogante di un tempo, ormai era un uomo gentile e maturo e profumava di lavanda!

I suoi capelli erano morbidi e puliti, le sue mani delicate come quelle di un re, i suoi vestiti bianchissimi e odorosi.

Stare vicino a Maira lo aveva reso un uomo migliore, ma per essere onesto, aveva deciso di raccontare tutta la verità.

Maira lo ascoltò per ore, ma alla fine disse:<<Forse l’ho sempre saputo, sin da quando ti abbiamo trovato svenuto; ho sentito lo stesso odore che sentivo alla sorgente. Ho imparato ad amarti poco alla volta e non voglio sapere chi eri, ma ciò che adesso sei!>>

I due ragazzi si abbracciarono e decisero di sposarsi, ma prima volevano recarsi dalla mamma di Sordidus; lei doveva sapere!

Partirono il giorno seguente e raggiunsero il vecchio villaggio al tramonto; la mamma, appena aprì la porta, riconobbe il suo amato figlio e pianse di gioia. Non avrebbe mai creduto ad un cambiamento di suo figlio, se non lo avesse visto con i propri occhi.

Si sedettero allegramente a tavola e la mamma preparò i piatti preferiti di Sordidus e regalò dei fiori alla donna che aveva cambiato il suo ragazzo nel migliore degli uomini. Sordidus, dopo aver raccontato alla mamma quanto avvenuto, si mise in ginocchio per chiederle scusa.

<<Una mamma ama sempre i suoi figli e non farebbe mai del male ad uno di loro. Forse ho sbagliato, ma volevo che tu capissi e che fossi felice>>, disse la mamma.

Sordidus imparò la lezione, capì che l’igiene personale è importante e che aveva rischiato la vita, per la scarsa cura di sé; capì che la sua arroganza lo aveva fatto sentire il padrone del mondo, ma che la vita lo aveva punito proprio per questo. Sordidus comprese che una mamma ama i suoi figli sempre e comunque; capì, anche, che una donna può aprire il più duro dei cuori se ha la sua bellezza interiore.

Nel villaggio nessuno lo riconobbe subito, ma ci fu una grande festa e Sordidus fu accolto con gioia.

Da quel momento, nessuno osò chiamarlo più diavolo della Tasmania, ma divenne per tutti Narciso, come il fiore e come il personaggio della mitologia greca, famoso per la sua bellezza e per l’eccessiva cura del proprio corpo.

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Raffaella Pascuzzi

Raffaella Pascuzzi

Raffaella Pascuzzi nasce a Catanzaro il 26 settembre del 1973 e vive la sua infanzia a Decollatura, un piccolo paese in provincia di Catanzaro. Da piccina ascolta ascolta le favole raccontate dai nonni e si appassiona alle narrazioni ambientate sul monte Reventino, rilievo che sovrasta il territorio e determina l’identità di tutte le comunità poste alle sue pendici. Dopo aver studiato presso il Liceo Scientifico di Decollatura, consegue anche il diploma magistrale e frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università delle Calabria, scegliendo l’indirizzo socio-antropologico. Gli studi universitari le permetteranno di avvicinarsi ulteriormente alle tradizioni popolari, soprattutto per merito del professor Vito Teti, studioso di grande fama per le pubblicazioni sugli usi e i costumi calabresi. Nel 2001, dopo aver superato il concorso pubblico per l’insegnamento, ottiene subito la sede scolastica a Milano dove si trasferisce e vive per quasi tredici anni; l’esperienza milanese è fondamentale, non solo per la crescita professionale, ma anche per la sua maturazione individuale, infatti “la lontananza” le fa avvertire più forte il legame e l’appartenenza ai luoghi che l’hanno vista nascere e crescere. Attualmente, dopo il rientro dalla Lombardia, vive a Colosimi, paese in provincia di Cosenza, con il suo compagno e la sua bambina, ma non lontano dalla sua Decollatura dove insegna in qualità di docente di scuola Primaria. La figlia e i suoi alunni, le offrono continui spunti di riflessione e le sottopongono domande che obbligano e richiedono risposte non sempre facili da offrire; da ciò l’idea di trovare un modo diverso “di versare nei loro bicchieri la pozione dell’esperienza secondo le loro differenti e uniche capacità”. Vive, naturalmente, in una casa immersa nel verde ai margini di un bosco e il suo giardino sembra il rifugio delle creature fatate!

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