Restanza o “Adattanza”? Il dibattito sull’Autonomia differenziata sta facendo emergere che la seconda è predominante sulla prima.
Senza togliere niente al valore sociologico delle tesi di Vito Teti, che ha messo in luce, con la parola divenuta un neologismo, la qualità positiva di quanti decidono di “restare” nella propria terra. La tenacia e la determinazione ce l’hanno tanti. Affrontano e superano le diverse difficoltà, logistiche, di isolamento, sottraendosi alle pressioni dei meccanismi malavitosi, o anche solamente parapolitici, pur di realizzare aspirazioni di vita e di imprenditorialità lì dove sono nati.
Troppi però, molti di più tra quelli rimasti, si sono solo “adattati”.
L’adattamento è una qualità che ha reso la specie animale dell’“Homo sapiens” un escursionista nell’intero Pianeta. Lo ha indotto a mescolare bisogni, curiosità, spirito di avventura, per farsi trovare insediato in ogni luogo, dall’Emisfero boreale e quello australe.

L’“adattanza” no. È l’accettazione passiva di quanto si vive intorno. Uno stato d’animo tra servilismo e disagio ad esporsi, a scoprirsi, un comportamento remissivo ai limiti del fatalismo. O di interessate soddisfazioni di richiesti e appagamenti ricevuti.
Troppe vicende negative hanno prodotto nel Sud dei comportamenti di misero e miope utilitarismo individualistico.
Un immobilismo in intere fasce sociali, Non solo in quelle definibili popolari. Ma anche in quelle delle cosiddette “classi dirigenti”.
Che non sono solo quelle istituzionali-amministrative-politiche. Ma anche quelle confindustriali. Quelle dei liberi professionisti. Quelle delle cerchie dirigenziali in ogni settore. Di ogni categoria produttiva. Delle Camere di Commercio. Ma anche quelle di natura considerate “culturali”, scolastiche. Comprese.
Tutte queste “categorie da classe dirigente” si stanno rendendo conto che, oltre alle iniziative dell’ANPI, di CGIL e UIL e delle forze politiche di opposizione, a livello nazionale, solo nella Chiesa si stanno muovendo i Vescovi della CEI, contro l’Autonomia differenziata?
La pastorale del Papa sollecita alle preghiere per la salvezza dell’anima. Ma, per la prima volta nella storia, anche a preoccuparsi terrenamente dei problemi dell’umanità, dalla Pace alla sicurezza sui posti di lavoro, dalle sofferenze per le povertà, alle diseguaglianze. Tra Persone e tra Popoli
Loro, i Vescovi, hanno capito che l’Autonomia differenziata aumenterà diseguaglianze e ingiustizie, frantumerà l’unitarietà della Stato.
Le cosiddette “classi dirigenti” nazionali tacciono. La Confindustria nazionale, la grande stampa della carta e la comunicazione Radiotelevisiva…non hanno mai dedicato un titolo cubitale , come fanno per tante notizie di cronaca, su una questione così importante e carica di tante conseguenze negative.
La cosiddetta “classe dirigente“ meridionale merita le considerazioni specifiche. Perché ha, dentro e dietro la propria storia, vicende tutte negative, sul piano sociale, sul piano politico e istituzionale.
Una classe dirigente che quel grande meridionalista di Salvemini considera “ascarizzata”. Cioè, svende i destini degli altri per i propri interessi.
In una recente intervista Sabino Cassese giudica che l’arretratezza del Sud è colpa della “sua classe dirigente”. A pensare come si sta comportando anche oggi, ha una buona dose di ragione.

Solo che dimentica che anch’Egli è classe dirigente meridionale. Dimentica che, con l’Autonomia differenziata, si è messo al servizio dei desiderata della Lega, forza politica che rappresenta smaccatamente gli egoismi sociali e territoriali di ceti, dei soli interessi settentrionali.
Egli infatti presiede la Commissione che dovrebbe determinare i LEP (Livelli essenziali di prestazione). Che sono una vera travata ingannevole per acquietare le coscienze degli ignavi, dei complici, e degli indifferenti.
Cassese accusa il Mezzogiorno di avere avuto solo “fame di posti”.
Ignora, volutamente o no, almeno contemporaneamente, come lo sviluppo industriale fin dal quindicennio giolittiano è stato insediato nelle Regioni settentrionali e tutte le scelte successive dei Governi, sono state unidirezionali verso il Nord. Creando uno sviluppo squilibrato.
Ogni vicenda storica ha determinato la concentrazione degli investimenti solo lì. Il Sud, da colonia, è servito per fornire forza lavoro. Provocando l’impoverimento di intere aree lasciate poi all’abbandono e nelle mani di cosche locali. Delle quali il potere governativo nazionale si è sempre servito. A cominciare da Giolitti. Non dire questo significa parlare distortamente sulle vere cause dell’arretratezza de Mezzogiorno. Da Lui accusato di avere avuto solo “fame di posti”.
E che avrebbero potuto volere i giovani della piccola e media borghesia affacciatasi a certi livelli di istruzione? I figli di contadini, di artigiani, piccoli commercianti, seguiti a ruota con la Scuola Media Unica?
Sa da chi era costituita la “classe dirigente” fino all’avvento del Fascismo?
Il Senato era costituito da nominati del Re.
Alla Camera Chi si poteva candidarsi? Chi aveva il diritto di voto?

Solo chi aveva un certo livello di censo prima. Poi, anche chi sapeva leggere e scrivere. Ed anche chi aveva svolto servizio militare o combattuto nella Prima Guerra Mondiale. Sempre una platea limitata. Chi sapeva leggere e scrivere nel primo ventennio del 900 nel Sud? Che sistema scolastico c’era?
Insomma la “classe dirigente” nel Sud era espressione dei ceti dominanti, legati alle grandi proprietà agrarie, Colpa del Nord?
Anche. Perché dopo il Regno Unito non si volle dar mano a riforme, che, a quei tempi avrebbero favorito la nascita di un ceto sociale contadino emancipato. Non costretto ad emigrare verso l’Argentina… Ad osteggiare ogni Riforma furono i senatori e i deputati meridionali, figli dei proprietari, nominati e mandati a rappresentare il Sud! Di cui però si sono ben serviti quelli settentrionali per favorire le loro scelte. In più.
Molto amaramente. La “classe dirigente meridionale”, paese per paese, provincia per provincia è stata “selezionata” a suon di fucilate e attentati!
Quanti sono stati i giornalisti, i sindacalisti, i politici, i dirigenti di partito, gli imprenditori, gli appartenenti alle forze dell’ordine, i sacerdoti, i giudici massacrati?
L’elenco pronunciato ogni 21 Marzo, nella manifestazione di “Libera” di Don Ciotti, è lungo e arriva ai nostri giorni. E non ci sono Tutti!
Cassese dice che l’Autonomia non c’entra con l’arretratezza del Sud e che invece porterà delle opportunità.
L’Autonomia in sé non porterà nessuna opportunità. Basta considerare le condizioni di Sardegna e Sicilia, che sono agli ultimi posti in tutte le classifiche. Eppure hanno, non l’Autonomia, ma lo Statuto speciale!
E la Sicilia per le sue enormi potenzialità, di storie e di territorio, sarebbe dovuta essere tra le più sviluppate regioni italiane.
L’Autonomia porterà solo più abbandono e più diseguaglianza.
Raccontano che con l’Autonomia differenziata “la classe dirigente” meridionale diventerà più responsabile!
Quelli che ci sono vengono etichettati come incapaci e irresponsabili, ma né si indignano né si scompongono. Si adattano.
Mostrano soltanto interesse ai posizionamenti per carrierismo.
Fanno sconcerto alcune loro dichiarazioni.
O non hanno letto il testo di legge già approvato al Senato. O non ne hanno saputo valutare le conseguenze. Per amor di patria propendo per la prima. Che non è meno grave. Ricordiamo.
Le Regioni possono chiedere potestà legislativa su 23 Materie. Il Veneto le ha chieste tutte le 23; la Lombardia 20, l’Emilia Romagna 16.
Con la potestà legislativa esclusiva su ogni materia chiesta e attribuita la Regione deve avere le risorse finanziarie, quelle umane e quelle strumentali.

Ecco quali sono, leggetele: a) norme generali sull’istruzione ;b) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; c) tutela e sicurezza del lavoro; d) istruzione; e) ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; f) tutela della salute; g) alimentazione; h) ordinamento sportivo; i) governo del territorio; l) porti e aeroporti civili; m) grandi reti di trasporto e di navigazione; n) ordinamento della comunicazione; o) produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; p) valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali Su queste materie bisognerà determinare e finanziare i LEP prima di attribuire anche a singole Regioni i LEP.
Dopo l’approvazione alla Camera le Regioni possono avere attribuita potestà legislativa sulle altre 9 materie non interessate dai LEP: 1-Previdenza; 2-Finanza pubblica; 3-Casse di Risparmio; 4-Enti di credito; 5-Rapporti internazionali; 6-Commercio con l’Estero; 7-Professioni; 8-Protezione civile; 9-Giudice di Pace.
Le 3 Regioni, Veneto, Lombardia e Emilia Romagna approvata la Legge alla Camera avvieranno le procedure da dove sono arrivate (art 11 c.1).
Il Veneto ha già una bozza completa da approvare e rendere Intesa definitiva.
I trucchi dove sono?
1-La Legge è a costo zero. (Chi ha potrà ottenere. Chi non ha non avrà)
2-I LEP possono essere definiti dalla sera alla mattina al più basso livello possibile. Non saranno prestazioni uniformi, Oltre a quelli stabiliti, le Regioni ricche potranno determinare livelli superiori. Chi potrà?
Il Trentino ha un reddito medio di 42mila. Il Veneto 33. La Calabria 17!
3-Vuol dire che se si presenta il Veneto, qualsiasi sia stato il LEP definito,, non deve chiedere maggiore spesa- Se si presenta la Calabria non avendo proprie entrate adeguate per rispettare il LEP dovrebbe avere entrate perequative… ma il Bilancio non le prevede.. nel 24-25-26!
Allora? Nel frattempo le Regioni che se lo possono permettere legifereranno e renderanno ogni materia attribuita, regionalizzata.
Per esempio il Veneto nella Intesa ha previsto che organizzerà un sistema scolastico regionale, con contratti propri, programmi propri, formazione propria, personale di ruolo veneto con retribuzioni e livelli pensionistici propri, sistema scolastico duale pubblico e privato, modalità valutative proprie, valore proprio dei titoli diversificati o annullati. Cioè sfascerà il sistema scolastico pubblico nazionale. Che andrebbe invece rafforzato con biennio-triennio unico, tempo pieno dappertutto, potenziamento del diritto allo studio. Ci sono abbandono del 20-30-50% in alcuni territori.
Ciò produrrà altro che” gabbie salariali”: reticolati salariali! Così nelle 23.
Ogni Regione per ogni materia potrà costituirsi in “staterello”.
Sarà sfasciato lo Stato. Di Italiani? No. Di Veneti, di Liguri, di Calabresi…
Sarà una Penisola con una parte di Serie A e un’altra di Serie B?
No, ci sarà quella di Serie A, di B, di C, di D…22 serie.
Altro che le battute ad effetto dietro a cui si nascondono i Presidenti del Consiglio Regionale. Mancuso, e della Giunta Occhiuto, con la espressione del “Avere soldi vedere cammello”! Non ci sarà niente da vedere.
Avete visto i ricatti in gioco? La Lega ha fatto andare sotto in Commissione la Maggioranza disertando la seduta. Il Presidente ha compiuto una prepotenza, non verbalizzando il risultato di una votazione. Segnale chiaro.
Altro che il documento dei Sindaci a firma della Succurro, Presidente ANCI per chiedere LEP determinati e finanziati. Nel testo c’è scritto altro.
Sindaci, lasciate ogni disagio e tentennamento. In ballo c’è il futuro.
Lasciate i timori di restare esclusi in questo o quel programma di opere.
Il dramma vero del Mezzogiorno – che ha fatto strada dappertutto – è quello di non avere avuto mai contezza piena dei propri diritti e farseli valere, senza clientelismo, protezioni e tutele.
Un dramma provocato da classi dirigenti che a loro volta, per interessi e carrierismo, hanno esercitato il potere facendo apparire favori quelli che erano solo diritti. Facendo pagare via via alle giovani generazioni prezzi morali e sociali enormi. (Giovani che però tardano a “ribellarsi”, come indica pure il grandioso Papa Francesco. Troppo indifferenti a se stessi).
Causando una “adattanza”, rovinosa per interi territori e popolazioni.
A proposito. E’ vero che dapprima l’Autonomia differenziata provocherà maggiori conseguenze negative alle Regioni meridionali. Aggraverà le diseguaglianze. Istituzionalizzate. Dopo, però, le conseguenze negative si riverseranno anche sulle Regioni settentrionali. Perché in una Penisola resa istituzionalmente un’“arlecchinata”, con uno Stato centrale indebolito, sfasciato, ciascuna Regione non conterà di più, ma di meno. Perché gli egoismi territoriali esploderanno. Anche in forme di indipendentismi e di ribellismi. Fuori dalle lotte democratiche. Svegliamoci in tempo.
Angelo Falbo