Ritorno a Temesa. Perché è proprio lì, in una sera d’ottobre del 2023, nel centro storico di Serra d’Aiello… è proprio lì che nasce questo racconto, nel cuore della Temesa italica. “Ritorno a Temesa” vuol dire anche tornare a discutere, a confrontarsi sull’esistenza di una città citata da Omero nell’Odissea.

Parlare di Temesa con Salvatore Perri è un’occasione che lascia anche emozioni. È un arricchimento, e l’amore che traspare dalle sue parole riesce pure a commuoverti, perché trasmette un sentimento di appartenenza ad un territorio che ha cominciato a segnare la vita delle persone all’incirca tremila anni fa.
È un fiume in piena, e i presenti che lo ascoltano rimangono in religioso silenzio. Traspare l’amore che egli nutre per la sua “terra”. Non a caso Armido Cario lo ha definito «fedele interprete dello spirito del luogo e dell’invisibile genius loci».
Eravamo assieme – noi tre – in un giorno di inizio dell’anno 2015, e camminavamo sui pianori di Serra, percorsi a piedi sotto la guida di Salvatore. Eravamo sulle terre di Temesa. Non era solo un cammino materiale, era un percorso ideale, emblematico. Camminavamo sopra un territorio “parlante”, sia sotto il profilo archeologico che storico, e Armido così ricorda quei momenti: «Lasciandoci alle spalle l’abitato moderno, si attraversa la località Chiane dove è stata scoperta la necropoli antica per giungere sullo sterminato Cozzo Piano Grande, ove affiorano sostanziali presenze temesane. Poi giù, lungo la via sterrata che conduce ad Imbelli, sul cui sentiero si rinvengono frammenti di tegole e píthoi. Giunti nell’area sacra, lo sguardo si spinge fino alla linea di costa. Virando a settentrione, l’occhio si posa sulla località Carbonara, territorio da esplorare ai fini della ricerca mineraria, tanto importante per la storia di Temesa e su Conocchia, in agro di San Pietro in Amantea, dove sensibili sono le testimonianze romane. Luoghi prossimi che avvalorano l’ipotesi dell’unicità del territorio temesano e che non escludono, anzi corroborano, l’ipotesi che l’area d’influenza di Temesa fosse ancor più ampia, spingendosi sul litorale fino ad Amantea e più in alto, oltre Aiello, fino a Monte Santa Lucerna, un’altura presentata dallo studioso Bruno Pino come una miniera di leggende e di storie ignote ed inesplorate».
Fino a giungere a Imbelli. Ed è proprio lì che Salvatore afferma: «Qui c’è ancora molto da scoprire. Perché nelle terre di Temesa giacciono sepolti materiali che, una volta liberati e analizzati, potrebbero essere utili per arricchire e forse completare il bagaglio di conoscenze che l’archeologia ha finora fornito».

Imbelli è un ampio terrazzo che sorge a 200 metri sul livello del mare, lungo il versante occidentale di Cozzo Piano Grande, e il terreno scende alla sinistra del fiume Oliva tramite una serie di terrazzamenti. «Il luogo, molto suggestivo, evoca le pagine di Strabone, laddove il geografo e storico dell’antichità parla di un tempio circondato da olivi selvatici e consacrato a Polites, il compagno di Ulisse. E proprio lì, a Imbelli, tra il 1990 e il 1995, il terreno restituisce un edificio in muratura di pietra, che alcuni studiosi identificano come il santuario di Polites, legando così la scoperta alle vicende di Temesa, nel tempo in cui popoli provenienti dalla Grecia attraversano il mare e fondano sulle coste italiane una serie di colonie destinate a raggiungere fama, potenza e ricchezza» (Orlando, “Le terre di Temesa” 2017).
Ma Salvatore va oltre, in quel giorno di inizio dell’anno 2015. Siamo su una stradina; in basso, verso il mare, è territorio di Campora, in altro, il versante si allarga lungo la dorsale collinare di Serra d’Aiello. Ed è lì che egli dice: «Questo è un territorio disseminato di tracce e di antichità che sono ancora tutte da scoprire».
E arriviamo al 2023. Maurizio Cannatà, funzionario Archeologo del Ministero della Cultura, pubblica “Temesa. Il mito e la storia”, un volume di oltre cinquecento pagine attraverso il quale – precisa Cannatà nella sua introduzione – «è stato possibile colmare, per la prima volta, il gap esistente tra l’eccezionale corpus di fonti letterarie relative al centro antico e i dati archeologici ad esso riferibili, fornendo una lettura organica di tutte le fasi di occupazione del suo territorio, dalla protostoria alla tarda antichità».
Il volume è presentato a Serra d’Aiello nell’agosto 2023, alla presenza – tra gli altri – di Florindo Rubbettino e del Sindaco Antonio Cuglietta. L’attenzione è andata – ovviamente – a quanto già scoperto, ma anche a quanto ancora c’è da scoprire.

Scrive Cannatà: «Poco più a nord del tempio scavato negli anni ’90, infatti, in un’area resa quasi del tutto inaccessibile dalla fitta macchia mediterranea e da recenti movimenti franosi, attraverso il survey e grazie alle segnalazioni del gruppo archeologico Alybas è stato possibile individuare un possente edificio in pietra […] la cui antichità è confermata da tutta una serie di dati che analizzeremo nel dettaglio. Una semplice ripulitura superficiale dalla fitta vegetazione e dal terreno franato di recente ha permesso di mettere in evidenza una struttura muraria, probabilmente rettangolare, perfettamente orientata N-S ed estesa longitudinalmente 24,7 metri, totalmente sconosciuta alla letteratura archeologica». E nella nota a piè pagina si precisa: «La scoperta si deve a Salvatore Perri del gruppo Alybas, argutamente attratto dalla differente tipologia costruttiva del manufatto rispetto ai moderni terrazzamenti realizzati dai contadini» (Cannatà, “Temesa. Il mito e la storia” 2023).
La memoria è andata a quel giorno di inizio dell’anno 2015, quando Salvatore ci guidava sul luogo, a Imbelli, e parlava, parlava… «qui c’è ancora molto da scoprire…». E oggi Cannatà spiega: «L’ipotesi più suggestiva, ma a mio avviso anche la più verosimile […] è che possa trattarsi di un secondo edificio templare».
Questo “ritorno a Temesa”, in un giorno di ottobre del 2023, significa anche dire grazie ad una persona che ama l’archeologia e la storia del “suo” territorio fino al punto di farne una ragione di vita. E non solo. Salvatore ha trasmesso questa passione ad una figlia, e Margherita, conclusi gli studi e diventata archeologa, è oggi impegnata in campagne di scavo in diverse località della Calabria.
Armando Orlando