Domenica scorsa, la squadra del Reventino ha infatti battuto largamente un avversario che ha dimostrato subito di essere alla sua portata, ma più o meno sullo stesso livello, cioè di essere una delle squadre con cui verosimilmente se la dovrà giocare fino alla fine per garantirsi la permanenza nella categoria.
Questo è sufficiente per sopire i nostri legittimi dubbi sull’utilizzo di una classe arbitrale sempre più giovane e inesperta da parte della Federazione?
Per chi vede il calcio dilettantistico – se ci consentite, in modo riduttivo – come strumento per il mero raggiungimento di risultati sportivi, potrebbe anche essere così. Ma per chi, più correttamente, lo interpreta come un’attività sana, legata a valori sportivi e umani, celebrati anche da molta letteratura, dal cinema e da intellettuali di prim’ordine, non può certo bastare.
Ma questa politica, che dal punto di vista della Federazione può essere considerata corretta e funzionale a un loro preciso disegno, ha un risvolto negativo per le società che partecipano ai campionati minori, che però richiedono ugualmente un fortissimo impegno, notevoli sacrifici e un cospicuo investimento economico.
E’ un caso di scuola, in cui ci sono due interessi, entrambi legittimi, ma contrastanti: quello della Federazione, che ha l’esigenza di far crescere arbitri validi, e quello delle società di Promozione, soprattutto delle meno tutelate, che vorrebbero avere la garanzia della regolarità del campionato.
In queste partite si potrebbero semplicemente utilizzare arbitri un po’ più esperti, in grado di garantire equità di trattamento e di non farsi troppo condizionare dall’ambiente e dal peso specifico di società titolate, anche se ormai, per questioni anagrafiche, non hanno più prospettive di crescita tali da poter magari arrivare ad arbitrare tra i professionisti.