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Home » AVARINO – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi

AVARINO – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi

La prima fiaba della raccolta "Il meraviglioso bosco della saggezza"

Raffaella Pascuzzi di Raffaella Pascuzzi
23 Aprile 2021
in LE FIABE DI RAFFAELLA
0
AVARINO – Le fiabe di Raffaella Pascuzzi
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Per leggere l’introduzione alla raccolta di fiabe: https://www.ilreventino.it/il-meraviglioso-bosco-della-saggezza-di-raffaella-pascuzzi/

Avarino

Sulle montagne del Reventino, in un angolo sperduto di Paradiso e sconosciuto agli uomini, viveva una comunità di gnomi.

Su quelle montagne c’erano luoghi bellissimi, un tempo abitati da tanti esserini fatati e magici, ma a causa dell’arrivo degli uomini, molte creature e comunità avevano deciso di abbandonare quei luoghi per trasferirsi in posti più sicuri. Solo una piccola tribù di gnomi aveva deciso di rimanere sul monte, visto che aveva trovato un posto inaccessibile agli umani, collocato in un bosco fitto e senza strade di accesso.

Il monte custodiva tantissimi tesori, rimasti nascosti nelle grotte della montagna; pur continuando a mantenere nascosti tutti gli oggetti preziosi al loro interno, le grotte, erano crollate a causa di un terremoto.

Si raccontava che in quelle terre, ai tempi dei briganti, fosse stato nascosto un enorme tesoro in una grotta; la spelonca, denominata “grotta delle fate”, era un luogo misterioso ed inaccessibile agli uomini, ma non certamente ad una creatura piccola come uno gnomo!

Fu, così, che Avarino decise di trovare il tesoro!

Avarino era uno gnomo molto attaccato ai beni materiali; la sua casa era un accumulo di oggetti preziosi, recuperati ovunque ed ereditati dai suoi antenati. Nel villaggio, Avarino era considerato un tipo molto particolare, perché non gradiva la presenza di alcuno, temendo di essere derubato.

* * * * *

Un giorno, dopo aver già esplorato i luoghi e aver pianificato il modo giusto per entrare nella grotta, Avarino partì dalla sua casa alle prime luci dell’alba; con sé portava una piccozza, una pala, dei sacchi di juta e tutta l’attrezzatura necessaria per scavare. Intenzionato a trovare il tesoro, decise di portare con sé i viveri e alcune coperte, ma anche un carro a leva per trasportare gli oggetti preziosi, semmai avesse trovato qualcosa.

Era il primo giorno di primavera, il sole iniziava a riscaldare l’aria e la luce era più intensa. Avarino, approfittando della nuova stagione, si mise in cammino e arrivò nei pressi della grotta.

Iniziò subito a farsi strada, passando attraverso piccole fessure e abbattendo gli ostacoli che trovava sul suo cammino. Passarono tre giorni e Avarino sembrava stanco ed un po’ scoraggiato, ma subito dopo aver liberato un altro piccolo passaggio, vide una luce filtrare dall’alto. Capì di essere in una zona molto vicina alla superficie e pensò di aver sbagliato percorso; nel tentativo di orientarsi in quel luogo, inciampò e cadde. Mentre verificava se si fosse fatto male, i suoi occhi si posarono su un enorme accumulo dorato.

<<Il tesoro, HO TROVATO IL TESORO!!!>> urlò, pur sapendo di non essere ascoltato da alcuno. Avarino cominciò ad osservare, cercare, trovare gioielli di ogni genere: vecchie e preziose monete in oro, lingotti, diamanti, collane e preziosi. Tutto era così magnifico!

Per giorni organizzò il trasporto e, finalmente e dopo settimane di duro lavoro, trasportò tutto al villaggio, ben organizzato per non farsi scoprire dai concittadini.

Tutti si accorsero degli strani movimenti, ma non si insospettirono, visto che Avarino era da sempre un tipo misterioso e particolare.

La sua vicina pensò: Piedino, incuriositi da tanti movimenti, tentarono di comprendere; attesero che Avarino entrasse in casa e, dalla finestra, guardarono nell’abitazione dello gnomo.

<<Che meraviglia! Hai visto Piedino? Hai visto anche tu?>>, disse Dora. <<Sì, Dora! Un tesoro! Dove lo avrà trovato? Mamma mia, è un tesoro enorme!>>

Avarino, inizialmente, non si accorse dei due ragazzi alla finestra; Dora e Piedino, per lungo tempo, rimasero ad osservare lo gnomo, mentre organizzava e conservava il suo tesoro.

Avarino metteva tutto in capienti sacchi che, poi, sistemava in casa ben nascosti, spaventato di essere scoperto dai suoi concittadini e derubato.

Quando era sul punto di chiudere l’ultima scatola con i tesori, scorse i due ragazzi dietro la finestra. <<SPARITE MOCCIOSI! COSA VOLETE? ANDATE VIA, SE NON VOLETE PROBLEMI! >>

I due ragazzi, spaventati e increduli, si allontanarono velocemente e giunsero a casa col fiatone; la mamma, vedendoli tanto agitati, volle saperne il motivo. Dora e Piedino rivelarono tutto; nonostante l’agitazione, riuscirono ad arricchire di dettagli il loro racconto.

Arrivò il papà, poi lo zio, poi i nonni, poi i vicini; nel giro di un’ora, tutto il villaggio era a conoscenza di Avarino e del tesoro.

Il vecchio e acuto gnomo del villaggio, decise di recarsi a casa di Avarino. Bussò alla sua porta e, con molto garbo, disse: <<Caro concittadino, non sono qui per conoscere i tuoi segreti, ma per sincerarmi che tu stia bene e che non ti sia messo in un brutto guaio>>.

Avarino, spuntando solo con il naso e gli occhi da dietro la porta, rispose:<<STO BENE, cosa volete tutti da me? Non sono in nessun guaio, voglio solo stare da solo! LASCIATEMI IN PACE, ANDATE VIA TUTTI E NON TORNATE A CASA MIA!>>.

Richiuse la porta con forza, tanto che il vecchio gnomo sentì anche il rumore del chiavistello che confermava la volontà di Avarino di non voler essere ulteriormente disturbato.

Passarono giorni e mesi ed arrivò la fine dell’estate.

Avarino rimase chiuso in casa per nascondere il suo tesoro, costruì una nuova cassaforte, scavò nella parete della sua abitazione per creare un nascondiglio, creò un sistema di allarme e di sicurezza per impedire che ospiti sgraditi si avvicinassero alla sua abitazione.

Nel villaggio tutti gli gnomi continuavano a vivere la loro esistenza come prima, perché quel fatto non aveva cambiato le loro condizioni di vita e la loro serenità.

Tutti gli abitanti, dopo un’estate produttiva e un buon raccolto, preparavano le dispense per l’inverno e trasportavano la legna per garantirsi il calore durante il lungo inverno che stava per arrivare.

Avarino, invece, pensava solo al tesoro!

Sul monte a fine ottobre, già si sentiva un grande freddo e la prima nevicata arrivò a novembre. Già si preannunciava un inverno rigido e lungo.

Avarino, iniziò a sentire un po’ di freddo, ma preso dalla sua mania di nascondere il tesoro, continuava ad addormentarsi sfinito e senza cibarsi.

Arrivò Natale. La sera della viglia si respirava un clima di serenità e magia; in ogni casa si sentiva il magnifico odore di cucina, mentre gli gnomi stavano preparando la grande cena da consumare insieme nello spazio comune, costruito per le occasioni.

Gli uomini del villaggio avevano provveduto a riscaldare la sala, i bambini avevano preparato l’albero, le donne stavano terminando la preparazione delle succulente pietanze. I nonni gnomi intrattenevano i bambini più piccoli con le storie degli antenati e i racconti magnifici delle creature magiche del bosco.

Tutto era pronto e la tavola imbandita. L’usanza del villaggio prevedeva di sedersi a consumare il pasto solo a condizione che ci fossero tutti; in quel momento il vecchio saggio si accorse dell’assenza di Avarino; era stato così impegnato con il tesoro, da farsi dimenticare dai suoi concittadini.

Alcuni rappresentanti del villaggio, guidati dal vecchio saggio, si recarono a casa di Avarino per invitarlo a sedersi a tavola in quella notte magica.

Bussarono, ma non ottennero risposta; bussarono nuovamente, ma Avarino sembrava non voler rispondere. Dopo molti minuti, decisero di guardare dalla finestra, ma il giovane gnomo falegname esclamò:<< Avarino è morto! Avarino è steso a terra!>>

In pochissimi minuti, dopo aver forzato la porta, riuscirono ad entrare; Avarino non rispondeva, era stremato, infreddolito e debole.

Il gruppo di gnomi lo avvolse in una calda coperta e lo trasportò nella sala predisposta per la cena natalizia; appena giunti nel caldo e accogliente spazio, le donne prepararono un angolo comodo vicino al grande camino e una tisana calda per riscaldare lo stomaco di Avarino. Il medico del villaggio visitò lo gnomo e disse: <<State tranquilli, Avarino sta bene. Ha solo bisogno di mangiare e di stare al calduccio>>

Il giovane falegname, forse per liberarsi dalla paura vissuta, rispose con una battuta ironica:<<Ha anche bisogno del suo tesoro, senza non può vivere!>>.

Ad Avarino, nel frattempo e grazie alle cure e alle attenzioni dei suoi concittadini, ricomparve il colore rosato sulle gote e riuscì a dire qualche parola:<<Dove sono? Cosa è successo?>>

Lo gnomo, ormai al sicuro grazie alle attenzioni e alle cure di tutti, si riprese velocemente; così, il vecchio saggio gli spiegò quanto avvenuto.

Avarino si commosse e sul suo viso comparve il rossore tipico di chi si vergogna delle sue azioni. Il tesoro e la sua avarizia gli avevano fatto perdere ogni valore; <<Sono stato un egoista ed uno stupido, ho pensato al denaro, agli averi, ai beni materiali, senza accorgermi della mia solitudine e dell’amore che solo una comunità può regalarti>>, disse Avarino.

Lo gnomo trascorse la vigilia con tutti, apprezzò la cena ed il calore dato dall’affetto della sua gente; dimenticò il suo tesoro per tutto il tempo, mangiò con voracità e gran gusto ogni piatto, bevve del buon vino e si ubriacò d’amore. Alle prime luci dell’alba, ritornò a casa e prese tutto l’oro e i preziosi nascosti; li caricò sul carro che aveva costruito e li portò nella grande sala. A pranzo si ritrovarono nuovamente tutti insieme e Avarino, prima di consumare il pasto, si alzò in piedi e disse:<<Voi avete condiviso con me cibo e amore, ora io condivido con tutti voi le mie ricchezze. Ho compreso che avere soldi e beni materiali non serve a nulla, senza l’amore delle persone. Da oggi la mia casa sarà aperta, così come il mio cuore. Voi siete la mia gente, la mia famiglia e voglio essere parte della comunità. Mai più permetterò all’avarizia di tenermi lontano da voi! Perdonatemi, se potete!>>

La commozione di tutti fu evidente, nessuno si sarebbe mai aspettato tanto da Avarino; da quel giorno vissero felici e Avarino aprì il suo cuore, trovò tanti amici e anche una dolce e affettuosa moglie.

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Raffaella Pascuzzi

Raffaella Pascuzzi

Raffaella Pascuzzi nasce a Catanzaro il 26 settembre del 1973 e vive la sua infanzia a Decollatura, un piccolo paese in provincia di Catanzaro. Da piccina ascolta ascolta le favole raccontate dai nonni e si appassiona alle narrazioni ambientate sul monte Reventino, rilievo che sovrasta il territorio e determina l’identità di tutte le comunità poste alle sue pendici. Dopo aver studiato presso il Liceo Scientifico di Decollatura, consegue anche il diploma magistrale e frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università delle Calabria, scegliendo l’indirizzo socio-antropologico. Gli studi universitari le permetteranno di avvicinarsi ulteriormente alle tradizioni popolari, soprattutto per merito del professor Vito Teti, studioso di grande fama per le pubblicazioni sugli usi e i costumi calabresi. Nel 2001, dopo aver superato il concorso pubblico per l’insegnamento, ottiene subito la sede scolastica a Milano dove si trasferisce e vive per quasi tredici anni; l’esperienza milanese è fondamentale, non solo per la crescita professionale, ma anche per la sua maturazione individuale, infatti “la lontananza” le fa avvertire più forte il legame e l’appartenenza ai luoghi che l’hanno vista nascere e crescere. Attualmente, dopo il rientro dalla Lombardia, vive a Colosimi, paese in provincia di Cosenza, con il suo compagno e la sua bambina, ma non lontano dalla sua Decollatura dove insegna in qualità di docente di scuola Primaria. La figlia e i suoi alunni, le offrono continui spunti di riflessione e le sottopongono domande che obbligano e richiedono risposte non sempre facili da offrire; da ciò l’idea di trovare un modo diverso “di versare nei loro bicchieri la pozione dell’esperienza secondo le loro differenti e uniche capacità”. Vive, naturalmente, in una casa immersa nel verde ai margini di un bosco e il suo giardino sembra il rifugio delle creature fatate!

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