Ecco l’ennesimo appello al voto a favore di questo o quell’altro, avrete pensato un po’ tutti. No, non ci siamo spiegati bene. Questo è un appello al voto a favore solo di voi stessi, intesi come collettività
Noi de ilReventino.it abbiamo deciso, durante la campagna elettorale per le amministrative 2016, di non pubblicare comunicati stampa e simili inviati dalle varie liste in competizione, ma di continuare a fare un’informazione il più possibile corretta e imparziale. E questo magari a scapito di qualche visualizzazione in più che avremmo potuto avere, cavalcando facilmente le diatribe e le polemiche reciproche.
Abbiamo anche scelto di non fare propaganda elettorale a pagamento; cosa su cui si lanciano – letteralmente – tutti i media in periodo d’elezioni per fare cassa.
Per aver fatto questo, non vogliamo medaglie o elogi particolari, ma solo che continuiate a dedicarci l’attenzione e la stima che ci avete dimostrato in questo primo anno di vita.
Quindi, per il nostro personalissimo appello al voto, useremo le parole di un calabrese d’adozione, il regista Vittorio De Seta, e di un calabrese di nascita, il poeta Franco Costabile.
Ecco cosa fa dire De Seta alla voce narrante del suo documentario sulla nostra terra, quasi un testamento spirituale per l’amata Calabria, intitolato – neanche a dirlo – “In Calabria”:
<< Cos’è rimasto? Una regione con tanti fantasmi di fabbriche. Tanta gente emigrata. Tanti paesi spopolati. E altri sommersi dalle nuove costruzioni, frammiste a villaggi turistici, a capannoni, a snodi ferroviari.
Tutto alla rinfusa, senza un disegno, come in un gioco insensato.
Sarà difficile risanare questa situazione, ma potrà avvenire solo se i calabresi riusciranno ad acquistare la loro identità, la loro cultura autentica, diventando i protagonisti del proprio riscatto. >>
Ed ecco, invece, alcuni versi di una delle poesie più note di Costabile, che sintetizza mirabilmente i mali estremi e atavici della nostra regione, intitolata “Il canto dei nuovi emigranti”:
<< Ce ne andiamo. / Ce ne andiamo via. […] Ce ne andiamo / con dieci centimetri / di terra secca sotto le scarpe / con mani dure con rabbia con niente […] Dai paesi / più vecchi più stanchi / in cima / al levante delle disgrazie >>
De Seta ci parla di possibile “riscatto”. Ma è un riscatto che richiede la competenza del saper discernere tra ciò che è bene comune e ciò che invece è bene di pochi. Una comunità cresce in modo sano ed equilibrato se allo sviluppo concorrono tutti e soprattutto se ne beneficiano tutti. Altrimenti si perpetua quello stato di cose che è ben descritto da Costabile. I più fortunati possono restare, mentre gli altri possono accomodarsi all’uscita, come tanti “nuovi emigranti”.