E’ una questione di clima. Chi si ricorda un inizio estate così piovoso e con un tempo meteorologico così bizzoso da sembrare il prolungamento di un mese di marzo ancora più pazzo del solito? Il clima è effettivamente cambiato: non possiamo più negarlo o minimizzare. Stiamo lentamente ma realmente passando da un clima temperato a uno sub-tropicale.
Ma non è di clima meteorologico che vogliamo parlare, bensì di un cambiamento di clima, questa volta sociale, che ha investito in pieno la nostra comunità. Qualcosa che ha cambiato, e in peggio, i rapporti di convivenza civile tra le persone, l’approccio alla politica, al lavoro, al tempo libero, il tendere a uno sviluppo locale diffuso e compatibile.
Un clima che per la verità è cambiato a Soveria Mannelli, così come in tutto il Paese (quello con la P maiuscola), fin dai primi anni novanta, con l’avvento di quella che è stata frettolosamente definita “seconda repubblica”. Soltanto che qui da noi c’è stato uno strappo, un ulteriore punto di rottura, un’accelerazione pericolosa che si è prodotta all’incirca cinque anni fa, durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni comunali, e che prosegue ancora oggi, con tracce ben visibili soprattutto nei social network, usati spesso come clave e non come strumenti di discussione.
Sono state elezioni, queste, che, per una manciata di voti, hanno segnato il passaggio da un’amministrazione di centro-destra, in carica da quasi vent’anni, con sindaci diversi ma con una matrice comune, a una di centro-sinistra. Nulla di strano, direbbe qualunque osservatore esterno. E’ nell’ordine delle cose, nella normale alternanza democratica.
Ma a Soveria Mannelli, un evento politicamente “naturale” è stato invece percepito come traumatico. E questo da entrambe le parti che, condizionate dal clima negativo che ne è derivato, hanno commesso errori che hanno solo contribuito ad aggravare la situazione.
Tutti ci ricordiamo, se non altro per averla studiata a scuola, la storia dei Guelfi e dei Ghibellini, le due fazioni che si diedero battaglia nella Firenze del XIII secolo, costringendo tra l’altro all’esilio un genio come Dante Alighieri, con il risultato, funesto per la città, che questi finì poi per scrivere la Divina Commedia in un altro luogo.
E’ un po’, con le dovute proporzioni, quello che è avvenuto e ancora sta avvenendo a Soveria Mannelli. Guelfi e Ghibellini non si parlano, non collaborano, sanno solo criticarsi a vicenda, con il risultato che qualche potenziale piccolo Dante preferisce andarsene perfino all’estero a fare qualcosa che avrebbe potuto fare qui, arricchendo un contesto sociale e produttivo che invece appare in constante declino.
Sono molti, infatti, i ragazzi e le ragazze di Soveria Mannelli che decidono di rimanere, dopo gli studi, nelle rispettive sedi universitarie sparse per la penisola, ma cominciano a essere non pochi anche quelli che, seguendo un trend comunque nazionale di emigrazione intellettuale, cercano lavoro all’estero. E, come accade in questi casi, si tratta spesso delle menti migliori o quanto meno dei giovani più coraggiosi e intraprendenti.
Il clima sembra oggi irrimediabilmente deteriorato. Ma ci sono ancora spazi di recupero, che andrebbero ricercati per non compromettere ulteriormente la situazione. Non certo per annullare le differenze o per mitigare la “battaglia politica” che deve pur essere combattuta, ma per operare sempre e comunque a favore dei cittadini: dal governo come dall’opposizione.
La buona competizione politica presuppone, infatti, l’esistenza di un avversario, ma mai di un nemico. Perché, in quest’ultimo caso, chiunque vincerà le prossime elezioni potrà sentirsi legittimato ad annientare (politicamente) gli altri, creando le condizioni di un conflitto permanente. Un’eventualità che, se si verificherà, non potrà che portare a conseguenze ancora più nefaste.