“Ripartire dalle parole” può sembrare un proposito datato nell’epoca dei social media, un’epoca in cui imperversano le abbreviazioni e il linguaggio stringato che deve soprattutto badare a entrare in uno schermo da cinque pollici piuttosto che a spiegare e spiegarsi.
Ma, come recita il sottotitolo dell’edizione 2015 dell’Università estiva, forse può essere l’unico modo per contrastare l’educazione da TV e, cosa decisamente più ambiziosa, la malapianta della criminalità.
E chi è in grado di parlare di parole meglio di un linguista? La conseguenza logica è che ad aprire le lezioni di quest’anno sia stato chiamato Ugo Cardinale, linguista appunto, e per giunta soveritano.
Il “padrone di casa” Mario Caligiuri, all’interno della sala convegni della biblioteca “Michele Calagiuri”, con le pareti ricoperte da quegli oggetti che da sempre sono i più affidabili contenitori di parole: i libri, lo ha presentato come linguista e professore dell’Università di Trieste e autore di molteplici volumi, ricordando che fare cultura è una cosa fondamentale perché “la cultura ci dà una visione del mondo”, spiegando ai presenti i significati della scelta del tema di quest’anno: “Ripartire dalle parole”, appunto, e annunciando la costituzione di una sezione dedicata a Ugo Cardinale nella stessa biblioteca. Ha inoltre ricordato che la lezione, così come avverrà per le successive, viene registrata da Radio Radicale e dall’Università Nettuno e, dunque, diffusa su tutto il territorio nazionale.
Il relatore di turno, Ugo Cardinale, ha esordito esprimendo la sua soddisfazione per questo ritorno alle origini e anche per il tema scelto, definendolo “di scottante attualità”. Poi, ha iniziato una serie di riflessioni sulle parole e sull’uso che ne facciamo, sia nel pubblico, soprattutto nei media, e sia nel privato.
Per quanto riguarda i media, ha puntato il dito sull’uso ricorrente e ciclico di alcune parole che, soprattutto in periodi di crisi come questo, tendono a generare paura. Parole come “emergenza” (“ormai tutto in Italia è diventato un’emergenza, ma possibile che la politica non sia in grado di prevenirne qualcuna?” si chiede Cardinale) o “sicurezza” (cui si fa perdere il significato originario e la si ritrova quasi sempre “associata a immigrazione”).
Nell’analizzare il privato, invece, Cardinale si è soffermato sul fatto che, sempre più spesso, “i ragazzi non hanno le parole per descrivere il loro disagio esistenziale”, palesando una diffusa “ignoranza emotiva” che sfocia sempre in “ignoranza cognitiva”.
Ritornando al linguaggio pubblico, questa volta della pubblica amministrazione, il relatore ha offerto ai presenti un siparietto molto divertente sul “burocratese”, leggendo e analizzando un testo di legge del tutto incomprensibile e paragonandolo alla “precisione e semplicità” della Costituzione italiana, definita come “un miracolo linguistico”.
Affrontando il tema della comunicazione politica, non ha potuto fare a meno di notare quanto questa diventi ogni giorno più aggressiva, ma soprattutto come produca un lessico che “tratta le persone come se fossero cose”, creando neologismi come “rottamare” o “asfaltare”, propriamente definiti “neologismi semantici”, cioè parole vecchie che assumono dei nuovi significati.
Le conclusioni, sono state dedicate a considerazioni profonde sui linguaggi e, in particolare, sull’italiano. “Le lingue si evolvono e se non si evolvono muoiono”, ha affermato Cardinale, soffermandosi poi, in una accorata “difesa della lingua”, sul “provincialismo linguistico e culturale” di noi italiani, che tendiamo a introdurre acriticamente nel nostro linguaggio delle parole inglesi, anche quando esistono parole ed espressioni italiane corrispondenti, e del tutto “vive”. Ma l’elemento consolatorio è che “la lingua in genere non si lascia guidare, va dove vuole” e quindi è in grado di auto-difendersi.
Gli inviti rivolti ai giovani, presenti in numero perfino sorprendente, sono stati molteplici: quello di “utilizzare il dizionario, non solo per consultarlo ma per leggerlo”, quello (condiviso con i docenti) di riabituarsi alla pratica didattica del riassunto per favorire la comprensione dei testi, quello di “ripiegare la testa sui libri e studiare” per evitare i rischi della “esternalizzazione della memoria” come funzione che deleghiamo sempre più frequentemente alla rete internet (che bisogna “imparare a usare in modo intelligente”).
L’epilogo della lezione, dopo due ore che sono volate via leggere ma lasciando un bagaglio ponderoso di conoscenze e riflessioni, è stato affidato alla parafrasi di un’espressione del poeta Umberto Saba il quale alla domanda: “Cosa deve fare un poeta?”, rispondeva: “I poeti devono continuare a scrivere poesie oneste”. E come Saba, ha concluso Cardinale, anche tutti noi “dobbiamo fare uso di parole oneste”.
Questa prima lezione ha avuto un’appendice con un brillante intervento del Dirigente scolastico Antonio Caligiuri, che ha la responsabilità dei tre Istituti Scolastici Superiori del Reventino e che ha puntualizzato come il dovere enorme della Scuola sia quello di “rigenerare il sistema sociale”, facendo in modo che i giovani imparino a essere “dei buoni cittadini imparando a ragionare bene” e a essere “portatori, con le parole, di valori nuovi”.
Mario Caligiuri ha infine tratto le conclusioni di questa prima giornata, riassumendone i punti salienti e ribadendo il concetto di “fatica dell’apprendimento”, aggiungendo però che si tratta di una fatica che sarà certamente ben ripagata, e proclamando a suo modo, cioè un po’ provocatoriamente, che “studiare è il gesto più rivoluzionario che noi possiamo compiere”.