Sta succedendo anche alla nostra scuola. Per quanto si stenti a crederci, quello che è successo all’ospedale (e, insieme all’ospedale, a una serie di servizi pubblici) riguarderà presto anche il nostro istituto comprensivo.
Il copione è identico, cambiano solo i personaggi in scena e la scenografia: si sceglie un servizio pubblico che rappresenti a livello non solo regionale ma nazionale un esempio di buone prassi e che vanti ottimi risultati e lo si inizia a smantellare riducendo al contempo il numero di servizi erogati; gli utenti sono obbligati così a rivolgersi altrove e, successivamente, lamentando l’insufficienza di una base di utenti minima per giustificare l’esistenza di quel servizio lo si chiude o lo si riduce a una presenza poco più che simbolica.
Questo è quanto si prospetta nel prossimo futuro per la nostra scuola, stando alle notizie poco rassicuranti che giungono in queste ultime ore da fonti dell’Istituto Comprensivo Rodari dove nel pomeriggio di ieri si è tenuta una infuocata riunione del Consiglio d’Istituto.
La ragione di tanta concitazione è presto detta: nei giorni scorsi è giunta, alla segreteria della scuola, una comunicazione da parte dell’Ambito Territoriale Scolastico Provinciale di Catanzaro con la quale si provvede per l’A.S. 2018-2019 ad accorpare le due attuali classi di Prima Media in un’unica classe (perdonate la nomenclatura desueta, ma mi pare più immediata per i lettori della denominazione corretta di “Scuola secondaria di Primo Grado). Aggiungiamo a questo che, nello stesso anno scolastico, per ragioni di carattere demografico, si formerà una sola Prima Media riducendo così, di fatto, la scuola a quattro classi anziché sei.
L’accorpamento è motivato dal fatto che gli alunni delle due attuali prime classi, sommati, raggiungerebbero le 21 unità, numero notevolmente inferiore alle 27 previste per legge.
La situazione di Soveria tuttavia presenta alcune importanti e notevoli eccezioni.
Quando nello scorso anno scolastico si decise di istituire due prime classi di scuola media, infatti, si tenne conto di un fattore di non secondaria importanza, ovvero la dimensione e capienza delle aule.
Le aule della nostra scuola media sono infatti di dimensioni ridotte e non possono ospitare, stando ai parametri stabiliti dalla legge (i curiosi leggano il D.M. del 18/12/1975 e, in particolare, la tabella 7), un numero superiore a 19 alunni, volendo stare larghi, e alcune aule addirittura scendono a 17.
Le ragioni di tali limiti sono legate a fattori di igiene ma soprattutto di sicurezza. Come garantire la salubrità dell’aria in un’aula costantemente sovraffollata (agli alunni si aggiunga anche la presenza di uno o più insegnanti)? Come consentire gli spostamenti dei ragazzi all’interno all’aula, in maniera sicura, se tra un banco e l’altro la distanza disponibile è di poco superiore ai 30 centimetri?
Si ricordi poi che Soveria Mannelli si trova in una delle zone a più alto rischio sismico d’Italia. Come evacuare l’aula in tempi brevi, in caso di necessità, se si fa persino fatica a raggiungere agevolmente la lavagna? E se scoppiasse un incendio?
Tetti che rovinano sull’aula, scuole che crollano, incidenti mortali… forse che gli esempi di cattiva gestione e manutenzione degli spazi scolastici di cui leggiamo ogni giorno sui giornali mancano per ritenere che in fondo non vi sia nessun rischio? Siamo davvero disponibili a mettere a repentaglio la salute e la sicurezza dei nostri bambini e dei nostri ragazzi?
Ma, soprattutto, perché se lo scorso anno si ritenne che non vi erano le condizioni minime di sicurezza per creare una classe di 21 alunni oggi tali ragioni non vengono tenute allo stesso modo in considerazione?
Visto che non vi è stato alcun cambio di normativa e visto che nel frattempo le classi non sono state adeguate per ospitare un numero maggiore di studenti, non si capisce perché ciò che appariva sconsigliabile e rischioso lo scorso anno appaia invece auspicabile per l’anno venturo.
Se qualcuno poi volesse scioccamente ritenere tali questioni di importanza secondaria vi è un secondo aspetto che vale la pena considerare e che riguarda direttamente quello che è il compito principale della scuola: l’insegnamento.
La situazione che si verrebbe a creare, infatti, porterebbe alla perdita di titolarità per circa il 60% dell’attuale corpo docente. Detto in maniera più comprensibile, moltissime materie non avrebbero più un docente titolare stabile ma verrebbero affidate a supplenti annuali o, peggio, temporanei. I nostri studenti cambierebbero in buona sostanza docente ogni anno e potrebbe accadere addirittura che i docenti (essendo supplenti) cambino anche più volte nel corso dell’anno. La nostra scuola premiata in passato più volte per l’alto livello della didattica in essa applicata verrebbe a essere equiparata a una qualsiasi scuola rurale.
Se Sparta piange però Atene non ride. È notizia di poche ore fa che per diversi docenti attualmente in carica a Soveria, il completamento dell’orario scolastico o di parte di esso non avverrebbe più a Carlopoli (plesso del nostro istituto comprensivo) come sarebbe semplice e ovvio immaginare bensì in altre scuole della provincia e le relativa ore di Carlopoli sarebbero gestite dall’Istituto Comprensivo di Tiriolo. In questo modo verrebbe sancita con uno scorporo delle due sedi, de facto, la fine del nostro Istituto comprensivo. Se è dunque lecito chiedersi con una certa preoccupazione cosa ne sarà della nostra scuola, è altrettanto lecito – e forse c’è da essere ancora più preoccupati – interrogarsi sul futuro della scuola di Carlopoli.
Non è tuttavia valido, in questo caso, il detto “Mal comune mezzo gaudio” e non solo perché difficilmente il male altrui arreca sollievo al proprio ma semmai perché il male è meno comune di quel che si potrebbe credere. Non tutte le scuole del circondario infatti (pur con numeri di studenti del tutto simili se non identici ai nostri) sono state interessati dalle stesse procedure di ridimensionamento.
Per citare il vecchio detto di andreottiana memoria, pensar male è peccato ma a pensare male non si sbaglia mai… è dunque lecito chiedersi la ragione di tali differenze di trattamento.
Possiamo formulare delle ipotesi ma, per lo meno allo stato attuale, non ci è dato avere alcuna certezza. Quel che però è certo è che sia quanto mai necessaria una presa di coscienza collettiva ed è necessario che ognuno faccia il suo dovere fino in fondo perché il nostro territorio non subisca questa ulteriore umiliazione.
Le istituzioni scolastiche e comunali, dal canto loro, hanno assicurato il loro impegno.
Vi terremo informati sugli sviluppi.
di Antonio Cavallaro