Lo spostamento sul territorio di un utente del servizio sanitario nazionale, per ottenere cure appropriate alla sua patologia, costituisce quello che viene definito in gergo tecnico “mobilità sanitaria”.
Il flusso migratorio di pazienti entro il territorio della propria Regione di residenza costituisce la mobilità intraregionale.
La mobilità interregionale, invece, definisce lo spostamento di un cittadino che decide di curarsi presso presidi di una Regione diversa da quella di residenza (diritto garantito dall’art.117, comma 2, lettera m) della Costituzione che attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale».
La mobilità interregionale può comportare spostamenti anche di molti chilometri, e può manifestarsi per affrontare cure importanti, perché ci si attende un esito significativamente migliore da quello che si otterrebbe facendosi curare nella propria Regione, oppure si può verificare perché la necessità di ricorrere alle cure è del tutto occasionale e non costituisce il motivo predominante dello spostamento (lavoro, studio, vacanza).
In relazione a tali motivazioni possiamo individuare più “comparti”:
1) “migrazione di base”, dovuta al riferimento elettivo, per motivi meramente geografici (vicinanza, viabilità, collegamenti con mezzi pubblici ecc.), a presidi collocati in altre regioni; tale situazione è maggiormente presente in comuni confinanti con altre regioni; domicilio in regione o Azienda diversa da quella di “residenza sanitaria”; nucleo familiare di riferimento in regione o Azienda diversa da quella di “residenza sanitaria”.
2) “migrazione fisiologica”, legata alla necessità di usufruire di centri ad alta specialità (ad esempio per patologie rare o che richiedono prestazioni di eccellenza).
3) “migrazione evitabile” ed è costituita da quella quota di ricoveri fuori area motivati da una inadeguata allocazione dei presidi diagnostico-terapeutici, dalla diversa qualità dell’offerta sanitaria, da fenomeni di sfiducia e disinformazione, da distorsioni nel mercato della sanità.
Quest’ultimo fenomeno, del quale ci occupiamo, è variamente classificabile in rapporto allo specifico servizio di cure richiesto: diagnostica, chirurgia, riabilitazione, trapianti, cura di malattie rare.
Altro fattore che incide sulla mobilità interregionale è la mancanza di uniformità nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che, in teoria, dovrebbero essere garantiti in modo uguale su tutto il territorio nazionale. Di fatto, però, si osservano invece differenze notevoli tra le Regioni italiane.
Al di là della qualità, gli elementi differenti sono proprio le tipologie di prestazioni erogate in termini di medicina territoriale.
L’interesse al fenomeno è derivato, tra l’altro, dall’impatto che esso ha dal punto di vista sia sociale che economico perché le attività assistenziali erogate a cittadini residenti fuori regione sono oggetto di manovre compensative, svolte attraverso lo scambio dei dati di queste prestazioni e dei relativi importi al Tavolo della mobilità interregionale.
Dal punto di vista finanziario, la mobilità attiva rappresenta una voce di credito, mentre quella passiva rappresenta una voce di debito.
Secondo un approfondito studio sulla mobilità sanitaria in Calabria (Demoskopika, Rende/Roma) con riferimento al periodo 2009-2013 ha stimato un enorme giro d’affari: sono quasi 306 mila i calabresi che hanno migrato dal loro luogo di residenza per farsi ricoverare in un’altra regione originando una spesa sia per il sistema sanitario calabrese, sia per le famiglie quantificabile in quasi 1,8 miliardi di euro. Poco meno di 460 milioni di euro per l’assistenza dei familiari ai calabresi ricoverati fuori regione.
A tanto ammonta il costo della mobilità che coinvolge ogni anno circa 60 mila cittadini calabresi che “emigrano” in altre aree per farsi curare. Quattro le regioni più gettonate (6 ricoveri su 10 in sole quattro regioni): Lazio, Lombardia, Sicilia ed Emilia Romagna, evidenziando una dinamica dei flussi di mobilità passiva extraregionale prioritariamente verso le strutture sanitarie del nord e del centro Italia.
“ Nel quinquennio analizzato -si afferma nello studio della Demoskopika – circa il 20% dei ricoveri è avvenuto fuori dalla Calabria ma a spese della Regione. Accanto alla mobilità motivata da ragioni strettamente sanitarie esiste una migrazione correlata ad altri fattori, quali, primi fra tutti, la carenza di servizi essenziali o la sfiducia verso quelli esistenti. Non vanno trascurate, nemmeno, le motivazioni di carattere prettamente soggettivo, come, per esempio, ragioni di tipo familiare, o di localizzazione del comune di residenza. Ad ogni modo, ciò ha comportato e comporta enormi disagi per ciascun calabrese costretto a recarsi in un’altra regione per ricevere una prestazione sanitaria e per le famiglie chiamate ad assistere il loro congiunto.”
Nel quinquennio osservato il flusso migratorio ospedaliero si è diretto principalmente verso il Lazio con 66.672 ricoveri pari al 21,8% del volume complessivo della mobilità passiva, la Lombardia con 51.763 ricoveri pari al 16,9% del totale, la Sicilia e l’Emilia Romagna rispettivamente con 43.841 (14,3%) e 33.920 ricoveri (11,1%).
Complessivamente queste quattro Regioni hanno erogato oltre il 64% dei ricoveri in mobilità passiva della Calabria.
A seguire Toscana con 25.071 ricoveri (8,2%), Puglia con 18.978 ricoveri (6,2%), Basilicata con 13,589 ricoveri (4,4%) e Piemonte con 11.780 ricoveri (3,9%).
Dal Sud partono i “viaggi della speranza”, una mobilità interregionale che costa caro alle regioni del Mezzogiorno: i saldi negativi di Campania (-281 milioni), Calabria (-275 milioni) e del Lazio (-231) rappresentano i casi più significativi dell’indebitamento del Sistema Sanitario Regionale del Sud. Di contro, spiccano Lombardia (+601 milioni), Emilia Romagna (+347 milioni) e Veneto (+149 milioni)
Il confronto tra l’indice di attrazione e di fuga fornisce, in primo luogo, un quadro della capacità del Servizio Sanitario Regionale di essere efficace ed efficiente nell’erogazione dei servizi sanitari nel rispondere al bisogno di salute, ma anche una serie di ‘informazioni indirette’ sulla qualità percepita nell’erogazione dei servizi sanitari da parte dei cittadini.
Il numero totale dei ricoveri effettuati in strutture sanitarie extraregionali, in favore di cittadini calabresi, si è ridotto da 63.571 nel 2010 (rispetto a 324.940 effettuati in Calabria), a 61.627 nel 2011 (rispetto ai 309.421), con un decremento pari a circa il 3%. Parallelamente alla riduzione del numero di ricoveri, è diminuito il corrispondente importo richiesto per tali prestazioni effettuate in mobilità passiva, passando da € 214.921.017,60 nel 2010 a € 210.114.838,39 nel 2011, con una riduzione del 2,2%.
Nonostante tale decremento, l’impatto economico del fenomeno della mobilità passiva appare rilevante, come desumibile dall’addebito medio per abitante che, relativamente al 2011, risulta pari a € 105,45. Sul numero complessivo di ricoveri effettuati fuori regione nel 2011, 43.370 (corrispondenti al 70,37% del totale dei ricoveri) sono stati effettuati in regime di ricovero ordinario, per un addebito di € 190.858.654,56 (pari al 90,84% della spesa totale), mentre 18.257 (29,63% sul totale dei ricoveri) in regime di ricovero in day hospital per complessivi € 19.256.183,83 (9,17%). Il numero totale di accessi in day hospital di cittadini calabresi fuori regione nel 2011 è risultato pari a complessivi 39.643.
Da tutto ciò emerge che i cittadini calabresi sono già svantaggiati da un punto di vista economico e la mobilità passiva crea un’ulteriore diseguaglianza nell’offerta sanitaria, nonché problemi logistici.
I numeri da ‘esodo biblico’ della migrazione sanitaria dalla Calabria in particolare, che incide pesantemente, per circa 330 milioni di euro, sul bilancio della Regione, verso poli ospedalieri altamente specializzati fuori regione, impongono, oltre alla politica dei tagli, anche una seria programmazione con interventi significativi sul sistema della salute che registra, purtroppo, in quasi tutti i segmenti, una permanenza agli ultimi posti delle classifiche nazionali.
di Federica Grembiale
Per chi volesse approfondire l’argomento, è possibile scaricare e visionare la presentazione dal titolo “I dualismi sanitari nelle regioni italiane con particolare riferimento alla Calabria“, sempre di Federica Grembiale, cliccando sull’icona seguente: