Soveria Mannelli – Come qualcuno dei lettori de ilReventino.it ricorderà, su queste pagine abbiamo anticipato qualche mese fa che l’antica statua dell’Immacolata che si venera nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista sarebbe stata presto sottoposta a un necessario quanto delicato intervento di restauro.
Ora possiamo annunciare finalmente l’inizio ufficiale dei lavori che riguarderanno, oltre alla statua dell’Immacolata, anche il busto settecentesco di San Giovanni Battista.
Avremo modo presto di offrire qualche dettaglio riguardante quest’ultima statua, per ora possiamo invece dare in anteprima le prime entusiasmanti novità emerse dalle indagini preliminari svolte sulla statua dell’Immacolata.
Giova ricordare che questa bella effige della Vergine è quasi certamente (sarà il restauro a offrire la prova definitiva) un manufatto napoletano della seconda metà del Settecento di considerevole valore.
La statua che è stata studiata ed è ancora oggetto di studio da parte di uno dei più autorevoli conoscitori della scultura lignea calabrese, Gianfrancesco Solferino, è stata attribuita da quest’ultimo a un importante scultore appartenente alla cerchia di Giuseppe Sanmartino, l’autore del celebre Cristo Velato di Napoli per intenderci del quale è però ancora prematuro rivelare il nome.
Della nostra statua esiste una “sorella gemella” a Bivongi, in provincia di Reggio Calabria, e una sorella somigliante ma non gemella ad Agira in provincia di Enna.
Come si può vedere dalle foto che forniamo a corredo, la statua di Bivongi è molto simile alla nostra, sebbene dai lineamenti e dalla decorazione pittorica molto più raffinati anche perché non ha subito, al contrario della nostra, le ingiurie del tempo e degli uomini di cui diremo più avanti.
Notevoli sono anche le somiglianze con la statua di Agira, specie per quel che concerne i putti.
Le statue di Bivongi e di Agira (di cui taciamo per prudenza in questa sede l’autore) sono dunque della stessa mano della nostra Immacolata? Forse sì o forse no… quello che possiamo certamente dire è che appartengono alla stessa scuola.
Per giudicare se siano opera della stessa mano dovremo attendere il completamento dei restauri anche perché dalle prime indagini la nostra statua dell’Immacolata risulta essere stata pesantemente ritoccata più volte nel corso degli anni.
Il restauratore al quale sono stati affidati i lavori, tra i più valenti collaboratori del celebre istituto di restauro fiorentino “Palazzo Spinelli”, ha da qualche giorno consegnato alla Parrocchia gli esiti dell’indagine stratigrafica effettuata dal CNR.
Dalle indagini risulta chiaramente che la statua ha subito un primo pesante intervento di “restauro” effettuato probabilmente ai primi del ‘900. Durante questo intervento il manufatto è stato completamente ricoperto da uno strato di gesso e colla e poi ridipinto. È facile immaginare come un’operazione del genere abbia alterato completamente i lineamenti rendendoli di certo più grossolani o magari adeguandoli ai gusti del “restauratore”.
A questo primo intervento ne è seguito nei decenni successivi un altro condotto con gli stessi metodi: è stato cioè steso un ulteriore strato di gesso e colla seguito da un’ulteriore ridipintura.
Ma non è finita qui: a queste due ingessature e ridipinture ne è seguita addirittura una terza. La nostra statua è quindi sepolta sotto tre strati di gesso e di colore, come una sorta di matryoshka.
Questo ultimo intervento è stato con ogni probabilità condotto in tempi relativamente recenti, dato che al termine del lavoro, la statua è stata verniciata con della vernice trasparente. Negli anni successivi ci sono stati poi altre due ridipinture condotte fortunatamente senza ingessare nuovamente la statua.
Una delle due è stata finita con vernice trasparente mentre l’ultima, quella che attualmente ricopre il manufatto, a parere di chi scrive, è stata con ogni probabilità realizzata con della tempera destinata alla verniciatura delle pareti (si spiegherebbe così la natura fortemente opaca dei colori).
A ulteriore sostegno di questa tesi vi è certamente la grossolanità con la quale è stata realizzata la ridipintura attribuibile certamente a qualche artigiano o pittore locale di buona volontà ma senza elevata preparazione artistica né mezzi adeguati.
A questo punto è facile intuire come colori e lineamenti originali siano oramai irriconoscibili e pertanto si comprende la prudenza che abbiamo manifestato nella prima parte di questo articolo nell’attribuire con certezza il manufatto a questo o a quell’artista. Il lavoro di restauro che comincerà a breve sarà pertanto lungo, complesso e probabilmente non privo di sorprese. Il restauratore dovrà eliminare uno per uno i vari strati di vernice; dovrà consolidare le parti lignee che, come si può vedere dalle foto, risultano pesantemente danneggiate; e dovrà colmare con colori compatibili le lacune di colore dello strato originario.
Quale sarà l’esito? Nessuno allo stato attuale può prevederlo con certezza.
Quello che è certo è che per il prossimo 8 dicembre 2018, la statua della “Regina di Soveria” risplenderà nuovamente della sua raggiante bellezza originaria.
di Antonio Cavallaro