Il nostro è divenuto un territorio dove è facilissimo dividerci, complicatissimo ritrovarsi insieme per affrontare le problematiche comuni. Da sempre abituati a cercare ciascuno un “divino protettore”. Da sempre a considerare le condizioni dei diritti come gentili concessioni e favoreggiamenti (sempre interessati). E quindi non sappiamo difenderci unitamente.
Non riusciamo a fare emergere la consapevolezza di difendere un “Bene Comune”: in questo caso la SALUTE.
E’ iscritto nei principi costituzionali, disapplicati. Siamo ridotti a reclamare i LEA (livelli essenziali di assistenza), mentre dovremmo accorgerci che non ci sono neppure i LDS (i livelli di sopravvivenza): Crescono i bisogni diminuiscono i servizi.
Il concetto di salute si radica nel principio di diritto alla vita, originato dalla cultura illuminista e sancito per la prima volta nella “Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino”. Per secoli e secoli si è potuto uccidere, torturare, comprare e vendere un uomo o una donna, senza scrupoli o disagio di alcuna coscienza religiosa. Ci sono voluti gli Illuministi fin dalla metà del seicento a scuotere coscienze e a scardinare assetti socio istituzionali cristallizzati. Lentamente perché il processo di riconoscimento dei diritti e della loro applicazione non è facile né scontate le attuazioni. Nella stessa Francia la schiavitù si è praticata fino alle soglie del 900. Mentre oggi le pratiche di schiavismo stanno assumendo nuove forme. Assai maleficamente raffinate nei cosiddetti paesi della “civiltà occidentale”. Ci siamo dentro.
Il diritto alla vita, alla salute, è divenuto un principio di sostanza del vivere civile e nella nostra Legge n. 833/78 affermativa dei principi universali di tutela della vita, ha considerato la tutela della vita-salute fin dal concepimento con la indicazione di interventi circolari che si esemplificano in “prevenzione-assistenza e cura”.
Nel nostro territorio non c’è nessuna delle tre tutele.
E siccome l’ospedale deve essere considerato non come luogo di ricoveri e basta, ma come luogo in cui si esercitano sicuramente convogliate le funzioni di prevenzione e quelle di cura, la difesa del presidio ospedaliero non va ragionata solo per i mancati servizi di pronto soccorso e dei reparti, ma ancora di più per la non funzionalità dei laboratori e degli ambulatori, senza i quali la prevenzione che viene sempre predicata e che non c’è, non potrà mai esserci. Con buona pace dei compiti affidati ai “medici di famiglia”.
Discorso a parte va fatto per l’assistenza che richiama, purtroppo ancora disgiuntamente, il comparto dei servizi sociali.
Invece, l’iniziativa (svolta il 18 ottobre 2019) non solo non ha avuto questo respiro di impegno civico e culturale, ma è stata quasi completamente, sbagliando, snobbata.
L’incontro del “Comitato Pro Ospedale” con la parola d’ordine “Ora basta”, malgrado il volantino fosse stato affisso anche nei Comuni viciniori, malgrado fossero stati invitati i Sindaci e le rappresentanze politiche, nella sala “Officina della Cultura” di Soveria Mannelli c’erano poche persone, due sindaci (Sirianni Leonardo di Soveria Mannelli e Taverna Pasquale di Bianchi), due delegati (da Carlopoli e da Decollatura) e nessuno dei rappresentanti politici invitati. Salvo alcune comunicazioni di alcuni che dichiaravano gli impedimenti ad essere presenti. Come correttamente ha fatto il sindaco di Serrastretta.
L’iniziativa che resta sempre meritoria nella fase di informazione sullo stato delle cose, è stata anche utile perché ha disvelato infine le reali intenzioni dei due rappresentanti del Comitato Pro Ospedale: cercare sostegno per una “referenza” locale nella prossima campagna elettorale regionale. Alessandro Sirianni e Antonello Maida, hanno manifestato le loro motivazioni e i loro interessi. Una conclusione che consideriamo sbagliata e contraddittoria, che rischia di dissolvere anche i loro meriti di aver tenuto per 13 anni e mezzo alta l’attenzione intorno alla questione “ospedale” a Soveria Mannelli.
Chi si vuole candidare è legittimato a farlo proponendosi come difensore dell’ospedale, anche gridandolo. Ma non trasformando il Comitato Pro Ospedale in Comitato Elettorale.
Ciò richiederebbe di schierarsi in una lista di collegamento con un qualsivoglia candidato presidente. Produrrebbe solo ulteriori distacchi e contrapposizioni.
La scelta è ancor più sbagliata quando entrambi la motivano con la ragione che sarebbe alla base della loro decisione “…in questo territorio non abbiamo un ‘nostro’ rappresentante politico di rilievo nelle istituzioni che possa difendere l’ospedale”… Più o meno.
Analisi del tutto sbagliata. Senza alcun aspetto polemico: lo sappiamo tutti, anche il Comitato, che nel recente passato, quando ancora l’ospedale era in condizioni di reggere all’urto delle crescenti difficoltà di tutto il settore sanitario in Calabria, un rappresentante di rilievo, a livello regionale, il territorio lo ha avuto.
Eppure non è stata scongiurata la lenta agonia di soppressione delle funzioni e dei servizi del “nostro” ospedale. Malgrado si facessero spese per sale operatorie nuove. E lavori di ammodernamento. Nè qui occorre esprimere valutazioni di merito sul perché dei fallimenti di tutti gli impegni sostenuti nel tempo.
E’ invece utile raccogliere alcune indicazioni del sindaco Leonardo Sirianni, che in varie vesti conosce le problematiche, riprese dal Sindaco Pasquale Taverna: mobilitazione dei Sindaci e incontro con il Commissario Cotticelli.
Aggiungiamo: l’incontro con il Commissario va fatto (investendo anche l’Ente Regione, l’Ente Provincia e le OOSS ), ma per avere forza deve essere sostenuto contemporaneamente da una mobilitazione civica nel territorio con presidio presso l’Ospedale, coordinata dal Comitato Pro Ospedale, utilmente allargato (non elettorale). Lo SPI_CGIL Lega del Reventino sarà attivamente partecipe.
SPI-CGIL Lega del Reventino
Il responsabile Angelo Falbo