di Giovanni Petronio –
La notizia trapelava da alcune ore, poi sul sito online e sul profilo social, la Ferrovie della Calabria, rendono noto che dal 30 aprile 2019: “le corse (su gomma) di collegamento da Rogliano a Soveria Mannelli e viceversa, saranno soppresse; ci scusiamo per il disagio”.
La notizia è un fulmine che si scaglia con veemenza sulle aree del Reventino e del Savuto che da troppi anni aspettano la riapertura dell’esercizio ferroviario nel tratto intermedio della ferrovia, ex Calabro-Lucane, Cosenza-Catanzaro, che dal 2009 è stato gradualmente interrotto e poi “sospeso” (ma mai soppresso) a causa di alcune frane e smottamenti severi che impediscono ogni possibile transito dei treni (http://ilreventino.it/ferrovia-cosenza-catanzaro-una-sintesi-di-questi-ultimi-10-anni-tra-passato-e-futuro/).
De facto, da anni, vi è un bus sostitutivo, che pur non essendo certamente un’esperienza entusiasmante (https://ilreventino.it/ferrovia-tratto-sostitutivo-autobus-racconto-del-viaggio-soveria-mannelli-rogliano/, è l’ultimo elemento di civiltà trasportistica e pendolare rimasta. In pratica è come se fosse l’ultimo appiglio, l’ultimo baluardo di una ferrovia gloriosa che ha permesso di non far morire i luoghi ed i suoi abitanti.
Privare completamente, sia pur di un minimo e parziale collegamento queste aree, è una scelta incomprensibile ed inaccettabile sotto qualsiasi punto di vista. Ferrovie della Calabria, nello striminzito comunicato, non parla di “interruzione momentanea”, ma asserisce che il servizio verrà del tutto soppresso. Come significato non lascia presagire a nulla di buono; soppresso, difatti, significa ABOLITO, ANNULLATO.
Il termine non prevede un futuro… Ma come è potuta accadere una cosa del genere?
Da cosa è potuto dipendere?
Non è che il problema è collegabile all’ondata di pensionamenti e dunque di mancate assunzioni che hanno provocato crepe e vuoti funzionali?
Sottolineo che forse potrebbe essere fatto valere l’art. 340 del codice penale che disciplina e, fattivamente, sanziona chi “interrompe o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità (…). I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione”.
Nell’attesa che l’azienda spieghi e si impegni a trovare le soluzioni adeguate, tese a mitigare quello che debbo chiamare “il danno del danno”, ci si augura che gli amministratori “colpiti” facciano nell’immediatezza quadrato, senza campanilismi di sorta, e non acconsentano a talune, scellerate, decisioni, che provano ancora una volta i nostri già feriti territori.