di Gesina Cardamone –
Il primo maggio 2014 venne dato il via al programma Garanzia Giovani finanziato dall’Unione Europea con l’obiettivo di aiutare i giovani tra i 15 ed i 25 anni (29 in Italia) ad entrare nel mercato del lavoro.
I giovani di cui si parla sono i Neet, ossia coloro che né studiano né lavorano e per i quali negli ultimi anni sono stati messi in campo diversi milioni di euro anche con il bando Amva-neet ed il progetto Giovani Laureati Neet, entrambi chiusi un anno prima della scadenza per mancanza di fondi.
Per Garanzia giovani l’Italia ha ottenuto un finanziamento di 567 milioni di euro ai quali vanno aggiunti altri 567 milioni di euro del Fse ed un finanziamento nazionale per un totale che si stima essere intorno a 1,513 milioni di euro.
Garanzia giovani è l’ultima misura in ordine di tempo messa in atto per ridurre il tasso di disoccupazione giovanile che secondo i dati de Il Sole 24 ore del 2/2016 in Italia è pari al 37,9%. Si tratta di un problema non soltanto economico ma anche sociale e culturale che sta portando diversi giovani a lasciare questo Paese.
A distanza di due anni anche questo progetto è l’ennesima amara delusione per migliaia di giovani che lamentano poca trasparenza, proposte di lavoro poco attinenti con quanto previsto dal bando e non per ultimo ritardi nei pagamenti.
Dire perciò che a distanza di due anni il programma stia funzionando è una chimera, in quanto funziona solo a livello quantitativo e non incide in nessun modo sul futuro dei disoccupati.
Secondo il rapporto Isfol aggiornato al 18 marzo 2016 in Calabria i giovani registrati sono 42.075 di cui solo 28.869 presi in carico con patto di servizio, dai dati sembra perciò che funzioni, e solo in parte, dal punto di vista dell’istruzione della pratica.
Garanzia Giovani rappresenta l’ennesimo fallimento delle politiche attive del lavoro, il raggiungimento di oltre un milione di iscritti su scala nazionale non basta, perché se si vanno a guardare le misure concrete offerte ai giovani, si scopre che molti a distanza di anni dalla presa in carico non hanno ricevuto nessuna offerta di lavoro. Il bando stabiliva che una volta effettuata la registrazione entro 60 giorni si sarebbe dovuto svolgere il primo colloquio di orientamento e nei successivi 60 giorni sarebbero dovute arrivare le prime proposte di lavoro.
Altrettanto poco rassicurante è la situazione di chi invece ha usufruito del programma, all’incirca 227 mila su scala nazionale, per la maggior parte si è trattato di tirocini che spesso in Italia rappresentano una modalità in mano alle aziende per far ruotare menti fresche ogni sei mesi senza mai stipulare un contratto e senza rimetterci soldi, pochissimi poi i contratti di apprendistato.
Le aziende non hanno neppure usufruito del bonus occupazionale previsto dal bando, utilizzando soltanto i bonus governativi sui contratti a tempo indeterminato. Infine Inps e regioni si rimpallano le responsabilità sui pagamenti, basta fare un giro sui vari social per leggere le testimonianze di giovani che dopo mesi dal termine del tirocinio non si sono visti accreditare ciò che gli è dovuto.
In Calabria oltre 4 mila persone hanno terminato il tirocinio ma solo 300 hanno ricevuto il rimborso a fronte di un finanziamento assegnato di 67 milioni di euro per attuare il piano.
È giusto guardare con successo ai numeri del programma ma è altrettanto giusto dire che i giovani avevano scommesso molto su questo progetto, vedendolo come una concreta possibilità per entrare in un mondo del lavoro poco aperto agli under 29, ma che a distanza di due anni non ha inciso sul loro futuro e si sta dimostrando un deludente banco di prova per le nuove riforme del mercato del lavoro.