Bianchi – Inventiva, fantasia ma anche ricerca storica e musicale sottintendono all’idea originale di rendere protagonista il brigante Pietro Bianco dell’ultimo disco della band “Ondakalabra”. Il gruppo musicale etnico-popolare di Bianchi rifacendosi alle gesta di Pietro Bianco, che a capo del gruppo di briganti scorazzava fino in Sila diventando protagonista, tra mito e realtà, nella storia del brigantaggio calabrese dell’ottocento, ha prodotto il brano “Il divo” testo e musica del maestro Francesco Villella. Tra l’altro il gruppo calabrese ha al suo attivo un variopinto e originale repertorio di canti popolari molto apprezzati, frutto anche di lavoro e passione del maestro Villella, voce, musicista e fondatore della band.
Il brano “Il divo” è il pezzo forte che piace e affonda le radici nella storia di Bianchi e nel lungo tour di “Ondakalabra” ha varcato già i confini calabresi approdando in Belgio, Canada e Australia. Le storie musicate sui briganti hanno sempre avuto un loro fascino e il maestro Villella, sensibile alle nostalgie e all’emozioni degli amanti della musica popolare, forte della passione storica con il suo arrangiamento sul brigante biancaro, affascina e trascina le piazze ed aperto anche uno spaccato sulla questione del Sud Italia (1860).
Il brano, prende corpo subito dopo la pubblicazione del libro “Patrioti, Liberali e Ribelli in Calabria” di Michele Chiodo, edito da Rubbettino (gennaio 2014) per rafforzare i festeggiamenti del “150esino anniversario dell’Unità d’Italia” di cui l’amministrazione comunale (2009-2014) si onora di aver avuto due garibaldini: Don Ferdinando Bianchi e Pietro Bianco. Il brano, come il libro, traccia un percorso storico e veritiero del Risorgimento Italiano nel Sud, che ha visto protagonisti uomini e donne di ogni età e ceto sociale. Un ruolo principale lo hanno ricoperto i banditi del tempo, i cosiddetti “Briganti”.
Il testo vuole accostare la figura del brigante biancaro Pietro Bianco, ribattezzato “Il divo” nato a Bianchi il 30 marzo 1839 e decapitato a Cosenza il 19 settembre 1873 nel Vallone di Rovito a Cosenza (stesso luogo dove furono fucilati il 25 luglio 1844 i fratelli Bandiera). Narra la vera storia del brigante garibaldino, innamorato della brigantessa Generosa Cardamone, “chi lassau a gonnella per lo schioppo e la montagna”, e che mai lo tradì.
L’invenzione musicale è accompagnata dal testo che racchiude in pochi versi la figura storica del “brigante” che era armato “di pinna e di fucile”. Un piccolo capolavoro della terra del Sud. La parabola esistenziale di Pietro Bianco (brigante) inizialmente contadino-pastore, poi garibaldino e infine ribelle. Una delle figure più temute ed importanti della storia del brigantaggio in Calabria.
Pietro Bianco, nato a Bianchi il 31 marzo 1839 fu decapitato a Cosenza il 19 settembre 1873 nel Vallone di Rovito a Cosenza. A 22 anni partì volontario arruolandosi nei Mille di Garibaldi e combattuto a Capua (nell’animo albergavano buoni valori morali e la speranza di migliorare la propria esistenza). Una scelta questa, sottolineata da Vincenzo Padula, Nicola Misasi e luigi Settembrini. Il destino del biancaro “patriota-ribelle” era segnato e avvenuta l’Unità d’Italia, Pietro Bianco deluso e amareggiato si ribellò al ceto dominante e alle leggi, spargendo sangue e morte. 107 i reati contro la proprietà e di 102 contro la persona, attribuiti dal Tribunale di Catanzaro a Pietro Bianco arrestato il 15 marzo 1866 dai Carabinieri Reali della Guardia Nazionale in una grotta in località Colla territorio di Castagna (oggi Soveria Mannelli) insieme alla sua compagna Generosa Cardamone, anch’essa brigante. La leggenda di Pietro Bianco è circondata da numerosi episodi e fa del brigante un” Robin Hood” calabrese, pronto a difendere i deboli dai soprusi dei ricchi.